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Omicidio Raciti, Micale condannato a 11 anni

La Corte d'assise di Catania ha accolto la richiesta del pm Andrea Bonomo. La madre dell'imputato in lacrime alla lettura della sentenza

Catania. La prima Corte d'assise di Catania, accogliendo integralmente la richiesta del pm Andrea Bonomo, ha condannato a 11 anni di reclusione, per omicidio preterintezionale, Daniele Natale Micale, 23 anni, a conclusione del processo per la morte dell'ispettore Filippo Raciti, deceduto per le ferite riportate durante gli scontri dentro e fuori lo stadio 'Angelo Massimino' il 2 febbraio del 2007 durante il derby di calcio con il Palermo.
La Corte ha inoltre condannato l'imputato al pagamento di 25 mila euro ciascuno alla presidenza del Consiglio dei ministri e al ministero dell'Interno per danni non patrimoniali. I giudici hanno anche disposto il pagamento esecutivo di una provvisionale di 75 mila euro ciascuno per la vedova e i due figli dell'ispettore Raciti e di 50 mila euro per il ministero dell'Interno. Per la morte dell'ispettore è accusato anche Antonino Speziale, che il 9 febbraio scorso è stato condannato a 14 anni di reclusione per omicidio preterintenzionale. La sentenza è stata emessa dal Tribunale per i minorenni perché all'epoca dei fatti l'imputato non era ancora maggiorenne. La Corte ha inoltre condannato l'imputato al pagamento di 25 mila euro ciascuno alla presidenza del Consiglio dei ministri e al ministero dell'Interno per danni non patrimoniali. I giudici hanno anche disposto il pagamento esecutivo di una provvisionale di 75 mila euro ciascuno per la vedova e i due figli dell'ispettore Raciti e di 50 mila euro per il ministero dell'Interno.
Micale ha accolto la sentenza in aula abbracciato dalla madre che è scoppiata in lacrime. Il giovane rimane in libertà in attesa del ricorso che è stato annunciato dai suoi legali. Micale era stato arrestato il primo aprile del 2008 dalla polizia per concorso nell'omicidio dell'ispettore di polizia Filippo Raciti. Era stato scarcerato il 20 giugno successivo dalla quinta sezione penale del Tribunale del riesame di Catania, che aveva accolto la richiesta dei suoi legali, gli avvocati Mimmo Cannavò ed Eugenio De Luca, di revoca dell'ordine di custodia in carcere ritenendo venute meno le esigenze cautelari.    All'identificazione di Micale la polizia era giunta attraverso un indumento: una felpa nera, personalizzata, con la scritta 'Meglio diffidato che servo dello Stato' accanto all'effige che riproduce un elefante color rosso-azzurro e alla scritta bianca con la dicitura Ultras. E' stato l'elemento determinante a 'scagionare' il fratello gemello dell'indagato, Antonio, che il 2 febbraio del 2007 era al Massimino, ma non indossava quella felpa.
L'imputato si è sempre riconosciuto nelle immagini del sistema televisivo che lo riprende mentre assieme a Antonino Speziale ha in mano un sottolavello. Ma Micale ha sempre ribadito di essersi "sostanzialmente limitato ad appoggiare la mano sul pezzo di lamiera" che "teneva una persona" a lui sconosciuta, di "essersi distratto alla ricerca con lo sguardo di un amico" che era con lui e quindi di "non avere visto se ci fossero stati contatti con le forze dell'ordine".

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