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Omicidio nel Nisseno, Cassazione conferma ergastoli

Quattro condanne a vita per l’uccisione, nel 1990, di Ciccio Iannì. La sentenza riguarda, fra gli altri, il boss “Piddu Madonia”

Caltanissetta. Confermate dalla Corte di Cassazione le sette condanne emesse il 13 marzo di un anno fa dalla Corte d'Appello per i presunti responsabili dell'omicidio di Ciccio Iannì, ex dipendente della Provincia regionale di Caltanissetta, ucciso a colpi di pistola in contrada Niscima la mattina del 21 settembre 1990 mentre, a bordo della sua auto, tornava verso casa.
Quattro gli ergastoli ratificati dalla Suprema Corte, per Giuseppe "Piddu" Madonia, 64 anni, di Vallelunga; Francesco La Quatra, 74 anni, sommatinese; Antono Rinzivillo, 52 anni, di Gela; Pasquale Trubia, 42 anni, anche lui gelese. Il pentito di Vallelunga Ciro Vara, ex luogotenente del boss Madonia, condannato a 10 anni, confermate anche le condanne per gli altri due collaboratori di giustizia: Salvatore Ferraro, nisseno, al quale sono stati inflitti 16 anni e Calogero Pulci di Sommatino, condannato a 18 anni.
A decidere il delitto sarebbero stati "Piddu" Madonia e i suoi fedelissimi, che volevano liberarsi di una persona ritenuta vicino alla vecchia mafia. Ciccio Iannì, infatti, secondo la ricostruzione degli inquirenti, era stato capo-mandamento di Riesi ed era vicino, negli anni '70 e '80, a Giuseppe Di Cristina, storico rappresentante della "vecchia" mafia invisa ai corleonesi di Totò Riina. A dare una svolta alle indagini furono le dichiarazioni di Ciro Vara, il quale spiegò che Iannì fu ucciso per volere di Madonia e che, alla pianificazione e all'esecuzione del delitto presero parte i gelesi.

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