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Trattativa tra Stato e mafia, Ciancimino Jr: "Dell'Utri coinvolto"

Il figlio dell’ex sindaco di Palermo davanti ai magistrati: doveva evitare che Cosa nostra potesse intercedere per la liberazione del politico

Palermo. Il senatore del Pdl Marcello dell'Utri, già dal '93, avrebbe sostituito l'ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino nella conduzione della cosiddetta "trattativa" tra lo Stato e la mafia. Il particolare emerge dagli interrogatori del figlio di don Vito, Massimo Ciancimino, depositati dai pm della dda del capoluogo siciliano agli atti del processo al generale dei carabinieri Mario Mori, accusato di favoreggiamento aggravato a Cosa nostra.
   Interrogato dai magistrati palermitani il 9 luglio del 2008, Massimo Ciancimino, parla della cattura del boss Totò Riina e racconta che suo padre, in qualche modo cavalcando il malcontento del boss Bernardo Provenzano verso la politica stragista del boss corleonese, l'aveva convinto a "consegnare" il latitante. Da Provenzano, Vito Ciancimino aveva saputo dove si trovava il covo di Riina. Un'informazione che l'ex sindaco riferì ai carabinieri.
   Ma nell'ultima fase della trattativa, nonostante il contributo fornito da don Vito, l'ex sindaco Dc sarebbe stato sostituito da un altro soggetto. "Da qualcuno che l'aveva
scavalcato?" chiede il pm al teste. Massimo Ciancimino annuisce e a domanda del magistrato risponde: "Mio padre disse che Marcello Dell'Utri poteva essere l'unico che poteva gestire una situazione simile secondo lui, dice poi per quanto ne sono a conoscenza io, di altri cavalli vincenti che possono garantire rapporti".
   Una convinzione che sarebbe stata più di un'ipotesi per il teste: "tant'é  - prosegue - che lui (don Vito n.d.r.) una volta pure tentò di agganciare Dell'Utri perché voleva
parlargli, poi non se ne fece più niente perché Dell'Utri aveva paura di incontrare mio padre".
Caso Moro. Esponenti dei Servizi Segreti fecero pressioni sull'ex sindaco mafioso di Palermo Vito Ciancimino perché, qualora alla mafia fosse stato chiesto di intercedere per la liberazione dell'onorevole Aldo Moro, lui convincesse il boss Bernardo Provenzano a non intervenire
È una delle rivelazioni contenute nei verbali di interrogatorio di Massimo Ciancimino, figlio di don Vito, depositate agli atti del processo al generale dei carabinieri Mario Mori, ex vicecomandante del Ros accusato di favoreggiamento alla mafia. Interrogato dai pm della dda di Palermo il 21 giugno del 2008, Ciancimino racconta dei rapporti tra il padre ed esponenti dei Servizi. "I rapporti con i Servizi - spiega il teste – mio padre li ha sempre avuti". E prosegue: "I Servizi hanno avuto un ruolo sempre chiave, specialmente dopo il sequestro Moro. La prima volta che si è parlato di Servizi, realmente, all'interno di Cosa Nostra, avvenne nel sequestro di Aldo Moro. Perché, una volta sempre in occasione di appunti che prendevo per la stesura di questo mio ipotetico libro, mio padre mi disse che era stato pregato per ben due volte, di non dar seguito a delle richieste pervenute per fare pressione su Bernardo Provenzano perché si attivassero per potere interferire, per quantomeno aiutare lo Stato nella ricerca del rifugio di Moro".
Poi spiega meglio: “Mio padre diceva che tali richieste potevano pervenire al suo paesano Riina da altri gruppi o esponenti politici, se ciò fosse avvenuto, mio padre doveva convincere il Provenzano a non immischiarsi in questo affare”.  Ad ulteriore chiarimento il pm domanda: “Dunque per ben due volte sarebbe stato chiesto a suo padre di intervenire su Provenzano a impedire o ad evitare che vi fossero interventi di Cosa Nostra per liberare Aldo Moro, giusto?”. “Perfetto”, risponde Massimo Ciancimino.
Caso Ustica. Ma i Servizi segreti avrebbero chiesto l'aiuto di Vito Ciancimino anche dopo la strage del DC9 dell'Itavia inabissatosi a largo di Ustica nel 1980. "Un momento in cui ci fu un grande movimento dei Servizi Segreti con mio padre - racconta ancora Massimo Ciancimino - fu nel 1980. Non mi posso scordare: 19 giugno 1980. Mi ricordo che proprio quella sera ci fu la strage di Ustica".
"Mio padre - spiega - fu chiamato subito e si incontrò uno o due giorni dopo col ministro Ruffini. Mi disse che era successo un casino e che doveva vedere, fece andare a chiamare l'onorevole Lima, fece andare a chiamare altre situazioni, altri personaggi, e quando ho chiesto a mio padre realmente cosa fosse successo, mi raccontò che già allora, il primo momento, si seppe della storia dell'aereo francese che per sbaglio aveva abbattuto il DC9 e che bisognava attivare un'operazione di copertura nel territorio affinché questa notizia non venisse per niente".

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