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Siracusa, boss detenuto comunicava con i pizzini

Salvatore Giangravè, esponente di spicco del clan Apor, per guidare gli affari criminali del suo gruppo si affidava anche lui al metodo reso famoso da Provenzano

Siracusa - Anche Salvatore Giangravé, considerato esponente di spicco del clan Aparo, detenuto ad Ancona, dove ieri mattina gli è stato notificato un nuovo provvedimento nell'ambito di un'inchiesta su droga ed estorsioni, per guidare gli affari criminali del gruppo, dal carcere, si affidava ai pizzini. Piccoli biglietti inseriti dentro le buste di lettere inviate non solo alla moglie, Anna Raco, arrestata anche lei ieri proprio con l'accusa di essere la 'portavoce' delle disposizioni del marito, ma anche a parenti e familiari più lontani. Dentro alcune di queste buste, quelle contenenti lettere indirizzate a destinatari più insospettabili, il boss riusciva buste più piccole con messaggi indirizzati ai referenti locali del clan. Le lettere erano scritte con un linguaggio convenzionale, una sorta di codice: ad esempio, il capomafia utilizzava iniziali e nomi di cavalli per indicare i destinatari. Un codice che adesso, anche grazie al materiale trovato ieri durante le perquisizioni, è stato in larga parte decriptato dagli investigatori della Tenenza di Florida

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