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Oscar, nomination per «È stata la mano di Dio». Sorrentino: «È già una vittoria»

Paolo Sorrentino e Filippo Scotti

È stata la mano di Dio di Paolo Sorrentino candidato agli Oscar come miglior film internazionale. Il film è entrato nella cinquina delle nomination annunciate oggi. La cerimonia degli Oscar sarà domenica 27 marzo a Los Angeles

«Sono felicissimo di questa nomination. Per me è già una grande vittoria. E un motivo di commozione, perché è un riconoscimento prestigioso ai temi del film, che sono le cose in cui credo: l’ironia, la libertà, la tolleranza, il dolore, la spensieratezza, la volontà, il futuro, Napoli e mia madre», commenta a caldo Paolo Sorrentino. «Per arrivare fin qui, c’è stato bisogno di un enorme lavoro di squadra. Dunque, devo ringraziare Netflix, Fremantle, The Apartment, gli attori straordinari e una troupe indimenticabile. E poi i miei figli e mia moglie, che mi amano nel più bello dei modi: senza mai prendermi sul serio», conclude.

A caccia del bis

«A un certo punto della vita si fanno i bilanci, a 50 anni ho l’età giusta per farli». Così Paolo Sorrentino raccontava a Venezia, lo scorso settembre, il suo intimista e autobiografico «È stata la mano di Dio», entrato oggi nella cinquina delle candidature agli Oscar per il miglior film straniero, 8 anni dopo il trionfo de «La grande bellezza». Scritto e diretto dal regista napoletano, prodotto da The Apartment, società del gruppo Fremantle, il film ha debuttato il 24 novembre scorso al cinema, per passare dal 15 dicembre su Netflix dove ha riscosso un grande successo. Già premiato alla Mostra di Venezia con il Leone d’Argento - Gran premio della Giuria, nonché candidato ai Golden Globes, si apre ora la corsa alla statuetta più ambita.

A vent'anni da «L'uomo in più», Sorrentino torna nella sua Napoli per raccontare la sua storia più personale, piena di famiglia, sport e cinema, amore, perdita e destino. È il racconto di formazione di un ragazzo, il suo alter ego Fabietto Schisa, interpretato da Filippo Scotti, che in conferenza stampa sfoggiava, come il regista che incarna in versione adolescenziale, un orecchino all’orecchio sinistro. I genitori del regista, nella finzione sono interpretati dal suo attore-musa Toni Servillo e da Teresa Saponangelo, Luisa Ranieri è la zia Patrizia, la mano di Dio è ovviamente quella iconica di Maradona, il calciatore che ha segnato e anche in qualche modo salvato la vita di Sorrentino.

Il regista aveva solo 16 anni quando i suoi genitori morirono all’improvviso e in modo del tutto inaspettato per avvelenamento da monossido di carbonio per una fuga di gas nella casa di villeggiatura della famiglia. Avrebbe dovuto essere con loro quel fine settimana, se non avesse ottenuto il permesso di restare a casa da solo, per la prima volta nella sua vita, per andare a vedere Maradona in trasferta con il Napoli.

Sorrentino arriva a percepire Maradona, un uomo già ammantato di divinità sul campo di calcio, come una forza che ha protetto la sua vita. Ma anche il cinema diventa una forza salvifica per lui, una distrazione dall’angoscia. Rifugiandosi nel fare film con grande passione, inizia a lavorare come aiuto regista. Quasi tutti i momenti di «È stata la mano di Dio», dal punto di vista stilistico più semplice rispetto ai film precedenti, perché, ha spiegato il premio Oscar «qui ero concentrato sui sentimenti» sono vissuti attraverso gli occhi del protagonista Fabietto, fino a quando il giovane non li chiude mentre sfreccia verso una nuova vita nella sequenza finale del film.

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