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È morto Frosio, fu libero e capitano del grande Perugia degli anni Settanta

Frosio prima di un Perugia-Lazio assieme al biancoceleste Viola

«Sei stato un trascinatore e un esempio per tutti i tuoi compagni di squadra - ha sottolineato Castagner -, per i tifosi che ti hanno applaudito dagli spalti dello stadio, per la città di Perugia che ti ha spalancato le braccia con sincero affetto, per Nadia e i tuoi figli che ti hanno amato incondizionatamente. Per me sei stato “Il Capitano” saggio e fedele, colonna del Perugia dei miracoli». Queste parole di Ilario Castagner spiegano chi fosse Pierluigi Frosio, che del Perugia è stato il libero e il capitano, ed è tuttora il calciatore con più presenze, 170, con la maglia del Grifo in Serie A. Come dire che del club biancorosso Frosio è stato l’autentica bandiera, con 323 partite giocate in totale, in un decennio, con gli umbri tra Serie A e B, a cui vanno aggiunti gli otto gol realizzati.
Frosio è morto nella notte, aveva 73 anni. «Sei stato e sarai sempre il mio eroe. Ciao papà», il ricordo del figlio Alex su twitter.

Da lui che di ruolo giocava libero, quello di una volta che si piazzava in mezzo a una difesa che marcava a uomo e, se necessario, «randellava», anche se il Capitano si metteva in evidenza più per l’eleganza del tocco con cui impostava l’azione che per il modo in cui spazzava l'area. Frosio sapeva fare tutto, stava lì, dietro la linea della difesa, dettava i tempi e richiamava i compagni alla marcatura. Negli anni d’oro del Perugia, quelli di prima del «gauccismo», Castagner oltre che sul suo capitano poteva contare su altri nomi che, nel capoluogo, sono quasi diventati un culto: Malizia, Nappi, Ceccarini, Della Martira, Bagni, Dal Fiume, Butti, Speggiorin, Casarsa e Vannini. E anche il compianto Renato Curi, centrocampista, morto sul trrerno di gioco il 30 ottobre 1977, per un malore, nei minuti iniziali della ripresa di un Perugia-Juventus in quello stadio che poi prenderà il suo nome.

Una squadra, quel Perugia, che nel campionato 1978-79 riuscì a chiudere imbattuta con 11 vittorie e 19 pareggi: proprio le troppe «X» furono il fattore che consegnò lo scudetto al Milan anziché ai biancorossi la cui difesa, guidata da Frosio, in quel torneo prese in tutto soltanto 16 reti. Nell’estate 1979 a quel gruppo di ottimi giocatori si aggiunse anche Paolo Rossi. E il Perugia continuò a volare alto, con al comando il suo Capitano.

Da ragazzo Frosio andava anche in bicicletta, poi il pallone prese il sopravvento e furono due anni alla Pro Sesto, due al Legnano, uno al Rovereto, per farsi le ossa in Serie C. Con il Cesena Frosio conquista la prima, storica, promozione in A della squadra romagnola, ma poi c'è il decennio di Perugia e Frosio ne diventa la figurina che tutti si ricordano.

Da allenatore Frosio è stato al Monza, formazione della sua città con cui ottiene una promozione in Serie B e la vittoria nella Coppa Italia di C. In Serie A ha diretto l’Atalanta, nella stagione 1990-91 esonerato alla 18/a giornata dopo una sconfitta a Bari. Poi Modena, ancora Monza (dove fa debuttare in B un certo Patrice Evra) e il Lecco, fino alla pensione calcistica.

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