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Corruzione nella sanità in Sicilia, il riesame ordina l'arresto per Li Calzi

Il tribunale del riesame di Palermo ha ordinato di mettere agli arresti domiciliari Vincenzo Li Calzi, indagato per corruzione nell’inchiesta della Guardia di Finanza denominata "Sorella Sanità". La misura non verrà però eseguita immediatamente, perchè l’imprenditore ha il diritto di ricorrere in Cassazione.

L’ordinanza è del collegio presieduto da Cristina Denaro, che ha accolto l’"appello" del pool coordinato dal procuratore aggiunto Sergio Demontis: i pm Giacomo Brandini e Giovanni Antoci avevano impugnato il no del Gip Claudia Rosini, che aveva negato l’applicazione di una qualsiasi misura nei confronti di Li Calzi, rimasto del tutto libero nel momento in cui era stato eseguito il blitz con dieci arresti a opera del Nucleo di polizia economico-finanziaria, il 21 maggio.

Li Calzi risponde di un episodio relativo al presunto aggiustamento di una gara per l’aggiudicazione di servizi destinati a ospedali e aziende sanitarie dell’Isola, in concorso con Fabio Damiani, ex presidente della Centrale unica di committenza degli appalti della Regione Sicilia, e con Salvatore Manganaro, imprenditore considerato molto vicino a Damiani; entrambi sono in carcere. In precedenza i giudici del tribunale avevano negato l’aggravamento delle posizioni degli altri due, cioè di Manganaro e Damiani (che al momento dell’arresto era direttore generale dell’Asp di Trapani), negando il riconoscimento del reato di associazione per delinquere.

Nelle scorse settimane il riesame, con un’altra composizione, aveva ordinato i domiciliari anche per un altro indagato lasciato libero dal Gip, il deputato regionale dei Popolari e Autonomisti Carmelo Pullara, che risponde di turbativa d’asta. Anche lui potrà fare ricorso in Cassazione e nemmeno il suo arresto per il momento verrà eseguito.

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