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Wwf, Bologna: "La desertificazione avanza, rischi per la Sicilia"

ROMA. «Forse è la volta buona: dalla Cop di Parigi è lecito attendersi misure concrete. In tutto il mondo è ormai chiaro che il surriscaldamento globale dev’essere contrastato per scongiurare conseguenze irreparabili. Gli alibi sono finiti: i capi di Stato di tutto il mondo sanno che siamo all’ultima spiaggia». Il direttore scientifico del Wwf, Gianfranco Bologna accoglie il vertice sul clima con temperato ottimismo. «Mi occupo di clima da quarant’anni», ci confessa, «ma sento intorno a me che dopo decenni di chiacchiere, finalmente qualcosa è cambiato».

Papa Francesco chiarisce che «siamo al limite di un suicidio». Obama sottolinea che siamo l’ultima generazione a poter fare ancora qualcosa. Perché siamo così in ritardo nella lotta al cambiamento climatico?

«Negli ultimi trent’anni, tutti i margini di incertezza presenti nella conoscenza scientifica sono stati usati come alibi per non fare nulla. Si parlava di probabili mutamenti climatici innescati dall’uomo già dalla fine dell’800. Ma a fronte di un generico interesse per il tema, ha sempre vinto l’attendismo e la strategia del rimando.

L’accordo in preparazione a Parigi dovrà essere «vincolante»,ha detto il premier Renzi. Stavolta arriveremo a qualche risultato concreto?

«La comunità scientifica è concorde da tempo: dietro i profondi mutamenti climatici che investono il Pianeta ci sono pesanti responsabilità dell’uomo. Abbiamo ormai la certezza che in assenza di interventi mirati e fondi per il clima, non riusciremo a governare gli effetti a cascata del surriscaldamento globale. I segnali che arrivano da Parigi, fanno pensare che anche la politica abbia ormai raggiunto piena consapevolezza che questa è l’ultima occasione per salvare il Pianeta. Obama, Hollande e Renzi hanno speso parole di impegno molto nette. E se 150 tra capi di Stato e di governo si sono ritrovati alla Cop con impegni scritti, è segno che l’orientamento globale è cambiato.Dalla conferenza di Parigi possiamo aspettarci misure più concrete che in passato».

Quali obiettivi potranno essere realisticamente raggiunti?

«L'accordo che la comunità internazionale è chiamata a definire alla Cop21, punta a limitare il riscaldamento globale a 2 gradi rispetto ai livelli dell'era pre-industriale. Un obiettivo che non è in grado di garantire il budget di carbonio a disposizione per “mantenere” l’incremento della temperaturamedia della superficie terrestre intorno a un grado e mezzo, così come prospettato dalla comunità scientifica per scongiurare le conseguenze peggiori. Tradotto in altri termini, a Parigi si parla di impegni che entroil 2050 dovrebbero consentire di ridurre le emissioni di gas serra di almeno l’80 per cento. Ma per mantenere fede agli obiettivi, occorre un accordo legalmente vincolante e una governance adeguata: attenti monitoraggi e sanzioni per i trasgressori».

Paesi emergenti come l’India lamentano però di essere penalizzati dalle norme anti-inquinanti. Come si ovvia a queste riserve?

«Occorre predisporre meccanismi efficaci per i piani di adattamento al cambiamento climatico. I Paesi che hanno economie più sviluppate devono incentivare quelle emergenti con trasferimenti di tecnologia e forti investimenti in energia pulita».

Che cosa dovremmo aspettarci, se dovessimo fallire gli obiettivi e la temperatura aumentasse di 5 gradi?

«Le conseguenze sarebbero così tragiche che è difficile persino immaginarle. Dovremmo confrontarci con diffusa aridità, ondate di calore micidiali, temperature inaccettabili dagli altissimi tassi di umidità, cicloni, alluvioni, uragani, innalzamenti delle acque del mare che oscillano tra gli uno e i sei metri,interi ambienti modificati e inabitabili. Negli ultimi 11mila anni gli esseri umani hanno vissuto in un clima relativamente stabile. Ma l’impatto dell’uomo sul clima è stato talmente pervasivo, a partire dalla rivoluzione industriale, che è riuscito a modificare il ciclo globale della Terra e a dar vita a una nuova era geologica, detta antropocene. Di fronte agli scenari irreparabili che dobbiamo contrastare,la Terra sopravviverà comunque. Ma se non invertiamola rotta, non saremo attrezzati per viverci».

Senza dimenticare che le ondate migratorie diverrebbero insostenibili.

«Dai 7 miliardi e mezzo di oggi, la popolazione mondiale arriverà nel 2050 a un totale di 9,5 miliardi. In una Terra con cinque gradi in più, fame, carestie, catastrofi naturali, agenti patogeni e desertificazione potrebbero produrre mobilitazioni dimassa spaventose. Gli esiti sono imprevedibili. Ma possiamo immaginare miliardi di persone in fuga, in una terra sovrappopolata».

Il surriscaldamento climatico potrebbe costare moltissimo anche in termini economici: possibile quantificarli?

«Si parla di cifre spaventose. Qualche anno fa, Lord Nicolas Stern stimò i danni del cambiamento climatico in costi che potrebbero arrivare fino al 20 per cento del Pilmondiale.Male conseguenze potrebbero essere ben peggiori: le reazioni a catena di una Terra surriscaldata di cinque gradi, rispetto a quella che conosciamo oggi, sono così complesse, da essere incalcolabili».

Quale sarebbe il destino della Sicilia, in un quadro così spaventoso?

«Basta attraversare l’Isola da Palermo a Catania: la desertificazione avanza a vista d’occhio. Di questo passo l’aridificazione brucerà ettari ed ettari di terre coltivate, mentre la temperatura raggiungerà picchi di calore insostenibili. Ne soffriranno anchei regimiidrici: ci sarà sempremeno acqua a disposizione. L’Isola, in buona sostanza, potrebbe subire immensi danni economici, e diventerebbe in buona sostanza invivibile».

Come è messa l’Italia, quanto a politiche verdi?

«Il nostro è un Paese soggetto a debolezze strutturali emorfologiche, che ad oggi non sono state ancora colmate. Sul tema dei combustibili fossili siamo ancora indietro, e manca una strategia climatica ed energetica efficace in grado di coniugare efficienza e risparmio. C’è ancora molto

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