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Brasile devastato e smog record in Cina, mentre i Grandi litigano sull'uso del carbone

ROMA. Mentre i grandi del mondo discutono a Parigi, in vari angoli del pianeta l’ambiente non gode di ottima salute. In Brasile un fiume di fango tossico ha raggiunto l’Oceano Atlantico.

Fango assassino in Brasile

Il crollo di due dighe nel Rio Dolce avvenuto nelle scorse settimane avrebbe causato la morte di 11 persone e di migliaia di animali e secondo Greenpeace ci vorranno 100 anni per smaltire questo disastro ambientale. Nel fiume sarebbero stati rinvenuti livelli illegali di arsenico e di mercurio. L’agenzia delle Nazioni Unite per i diritti umani, in particolare, ha dichiarato che esistono nuove prove che mostrano che il fango contiene alti livelli di metalli pesanti tossici e di altre sostanze inquinanti. Prima del crollo delle dighe, l’arsenico nel Rio Doce non era presente. Il fango tossico ha ucciso migliaia di pesci, probabilmente sia a causa del soffocamento che per le sostanze pericolose che contiene. Anche i livelli di ferro e manganese sono al di sopra della norma. Come se non bastasse, l’avanzata del fango ha travolto gli impianti per il trattamento delle acque presenti lungo il Rio Doce, mettendo a rischio la disponibilità di acqua potabile per le popolazioni che vivono nelle città situate lungo il fiume.

Smog alle stelle In Cina

Lo smog non dà tregua agli abitanti della capitale e a quelli di una vasta fascia delle regioni nordorientali. Le scuole di Pechino hanno sospeso ieri tutte le attività all’aperto per proteggere gli alunni dall'inquinamento dell'aria che per il quinto giorno consecutivo ha toccato livelli record. La megalopoli è avvolta da uno smog che riduce la visibilità a poche decine di metri. Il livello delle particelle inquinanti PM2,5 ha raggiunto oggi le 600 per metro cubo, vale a dire 24 volte superiore a quello considerato tollerabile dall’Organizzazione mondiale della sanità. Molti abitanti della capitale indossano maschere protettive di vario tipo, sulla cui efficacia i medici hanno espresso forti riserve. «Il governo dovrebbe fare qualcosa - ha dichiarato Yin Lina, una giovane donna che ha accompagnato a scuola la figlia di cinque anni - ma se la situazione non migliora dobbiamo considerare la possibilità di emigrare». Da domenica scorsa, quando è stato dichiarato l'allarme arancione, il penultimo livello primo di quello rosso, le fabbriche sono chiuse o hanno ridotto la produzione e i mezzi pesanti non possono circolare.

A Parigi si discute

«Nonostante tutto il messaggio principale è: troveremo una soluzione» per il cambiamento climatico. Ci sono determinazione e ottimismo nelle parole del presidente americano Barack Obama, che lancia un appello per chiedere che l'accordo in preparazione sia «vincolante almeno in materia di trasparenza e revisione degli obiettivi. Sarà difficile mettere d'accordo 200 nazioni,ma sono convinto che faremo grandi cose», ha detto dopo un incontro con i leader di un gruppo di Stati insulari. La Cop 21, ha aggiunto, non può solo «servire gli interessi dei più potenti». Parole che rimarcano l'importanza che questi Stati insulari. Sarebbero proprio loro a chiedere che gli obiettivi sul contenimento del riscaldamento globale siano più ambiziosi, e parlino non più di non superare i due gradi ma di fermarsi a un grado e mezzo. La differenza può sembrare trascurabile ma perle cosiddette piccole isole rappresentala soglia tra restare emerse o finire sott'acqua. Su questo come su altri temi, avanza il lavoro di revisione del testo dell'accordo, di cui si dovrebbe avere una bozza entromercoledì della prossima settimana in vista della chiusura dell'11 dicembre. Sul tavolo non ci sono però solo le volontà politiche di ciascuno.Neinegoziati entrano anche questioni economiche, a cominciare da quel «diritto allo sviluppo e alla crescita» per i Paesi emergenti e meno sviluppati invocati dal presidente cinese Xi Jingping e dal premier indiano Narendra Modi, e considerazioni finanziarie, per esempio sul gap tra i capitali promessi e quelli effettivamente mobilitati dai Paesi più avanzati. Ma anche fattori tecnici hanno il loro peso, come quello delmonitoraggio del rispetto degliimpegni presi, che sembra essere uno dei maggiori punti di attrito tra i Paesi occidentali e l'India.

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