PALERMO. Scure sui Comuni siciliani. Dalle prossime elezioni salteranno oltre mille tra consiglieri e assessori. È l’effetto del primo articolo della legge che taglia compensi e numero di amministratori locali equiparando l’Isola al resto d’Italia. Al termine di un lungo pomeriggio di dibattito l’Assemblea regionale ieri è riuscita ad approvare il primo degli otto articoli che puntano a ridisegnare la mappa delle amministrazioni locali siciliane. Una norma frenata nei mesi scorsi dalle resistenze di un fronte trasversale di deputati ma che a regime consentirà un risparmio di 48 milioni di euro. Ieri la discussione è andata avanti a rilento, spinta da un accordo tra Pd e Forza Italia in commissione Affari istituzionali guidata da Antonello Cracolici. Così l’impianto della riforma ha superato anche il tentativo dell’opposizione di affossarla col voto segreto, così come era successo per la riforma delle Province. «Non è possibile che il clima dell’antipolitica condizioni le scelte della gente e la rappresentatività» ha detto il deputato del Partito dei siciliani, Toti Lombardo trovando poco sostegno in Aula. Col voto segreto è stata invece battuta la maggioranza su un emendamento che ha ampliato la platea dei consiglieri da tagliare. La decurtazione sarà del 20 per cento sia per i piccoli Comuni sia per quelli con più di 50 mila abitanti, per i quali nel testo originario era previsto un taglio del 10 per cento. Si tratta dei nove capoluogo e di altre città come Gela, Marsala, Mazara, Vittoria, Bagheria, Modica e Acireale. «È stata eliminata una grande ingiustizia» dice Nello Musumeci, primo firmatario della proposta. «Credo sia stato doveroso evitare disparità» aggiunge Mimmo Fazio.