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Errore nella riforma delle pensioni
Ora serve un nuovo voto all’Ars

L’assessorato alla Funzione pubblica solleva dubbi sulla dicitura utilizzata in Finanziaria: ferma la circolare, stop all’esodo

PALERMO. C’è un errore nella riforma delle pensioni regionali approvata all’Ars due settimane fa. Una parola sbagliata, appena una, che secondo l’assessorato alla Funzione pubblica va corretta prima di dar via all’esodo. Si dovrebbe quindi tornare a Sala d’Ercole per approvare una nuova norma di un solo articolo: condizionale d’obbligo perchè sulla vicenda ci sono vari dubbi di carattere giuridico. Nell’attesa però non verrà emessa la circolare che fa scattare il countdown per chiedere di andare in quiescenza.

Il problema rilevato dagli uffici dell’assessorato alla Funzione pubblica, guidato dal magistrato amministrativo Ettore Leotta (Udc), è nella parola «trattamento stipendiale complessivo», utilizzata dal governo per individuare il parametro a cui agganciare il taglio della pensione d’ora in poi. La norma approvata prevede che chi lascia in anticipo gli uffici avrà una pensione che «non può superare l’85% della media dei trattamenti stipendiali degli ultimi cinque anni» mentre oggi la pensione raggiunge anche il 108-120%. E un emendamento successivo, chiesto dall’assessore all’Economia Alessandro Baccei, ha fatto aggiungere la parola «complessivi». Dunque il parametro a cui agganciare il taglio è il trattamento stipendiale complessivo. Facile? Niente affatto. Secondo la Funzione pubblica bisognava scrivere «trattamento retributivo» o «retribuzione complessiva»: sarebbe questa la dizione giuridica corretta.

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