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Gela, la Dia: le cosche sono in fermento Allarme per attentati eclatanti

Le denunce dei commercianti creano scompiglio nei clan. Cosa nostra continua però ad assicurarsi il controllo di diverse attività, un «granaio» dal quale i boss attingono le risorse che garantiscono cospicui profitti

GELA. Le ribellioni degli imprenditori al racket delle estorsioni, oltre ai numerosi arresti e le nuove collaborazioni con la Giustizia stanno portando «scompiglio» tra i clan mafiosi di Gela, tanto che non è esclusa una loro reazione, anche con azioni eclatanti. È quanto affermato nell’ultima relazione della Dia, la Direzione Investigativa Antimafia.
«Si sta assistendo - viene analizzato dagli investigatori guidati dal capocentro Gaetano Scillia - ad un progressivo «risveglio» delle coscienze imprenditoriali locali, attraverso non solo la costituzione di nuove associazioni antiracket, ma anche con il valido apporto fornito dagli stessi imprenditori che, sempre più spesso, scelgono di collaborare con la giustizia allo scopo di sottrarsi alle ingiuste richieste estorsive. Sono da segnalare talune positive iniziative portate a termine in primis dalla Associazione Industriali di Caltanissetta, che ha da tempo avviato un processo di ribellione nei confronti delle organizzazioni criminali e delle loro richieste estorsive, giungendo anche all'espulsione degli aderenti che pagano le tangenti senza operare alcuna denuncia. Si ricorda, infatti, l'acquisizione del sistema informatico denominato Ri.Visual, messo a disposizione di tutte le forze di polizia dalla Camera di Commercio nissena che, tramite il ricorso ad una particolare grafica, permette di avere la visualizzazione estesa delle interazioni e collegamenti esistenti tra le aziende ed i relativi soci, consentendo così un più immediato approccio alle attività investigative non solo in materia di lotta ai patrimoni illecitamente acquisiti, ma anche per il monitoraggio delle ditte interessate ad appalti pubblici».
Le organizzazioni mafiose continuano però ad assicurarsi il controllo di diverse attività imprenditoriali, costituenti il capiente «granaio» dal quale attingono le risorse che garantiscono loro cospicui profitti.
Cosa nostra e stidda, nel Gelese, operano in accordo attraverso il preventivo scambio di informazioni nonché la partecipazione a periodiche riunioni atte a garantire l'equa ripartizione del «pizzo» e, dunque, un sostanziale pareggio delle rispettive entrate finanziarie.
«In sostanza di due gruppi, mutuando modelli organizzativi «istituzionali», hanno garantito il coordinamento delle rispettive attività, istituendo una sorta di «sala operativa», volta ad ottimizzare energie ed a dividere equamente i profitti, evitando sovrapposizioni e prevenendo possibili situazioni di conflitto. In un tale contesto, non si possono escludere eventuali dimostrazioni di forza da parte dei clan, decisamente innervositi non solo dalla costante pressione investigativa cui sono sottoposte, ma anche dall'atteggiamento di rifiuto alle vessazioni mafiose che, ormai da qualche tempo, hanno assunto le istituzioni locali ed una parte dell'imprenditoria gelese, la quale, già da alcuni anni, si è costituita in una associazione antiracket, molto attiva sul territorio. Ulteriori inquietudini per le famiglie mafiose gelesi potrebbero, infine, giungere dalle numerose nuove collaborazioni con la giustizia di elementi organici alle famiglie che ormai avvengono con sempre più frequenza e hanno ancora di più accentuato la «pressione» sulle cosche mafiose».
Gli investigatori della Dia precisano anche che: «Ciononostante la mafia gelese ha continuato a manifestare le peculiari capacità di mimetizzazione degli illeciti guadagni ed a porre in essere le classiche attività mafiose, quali le estorsioni e l'infiltrazione nei pubblici appalti».

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