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Caltanissetta, maresciallo chiede soldi per togliere denunce

Il sottufficiale è stato pure indagato da altre Procure per favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione e ricettazione

CALTANISSETTA. Pretendeva soldi per cancellare una denuncia presentata in caserma. Ed a più riprese avrebbe chiesto al malcapitato oltre mille e settecento euro. Ma questo è solo l’ultima della grane giudiziarie che sono piovute sul capo di un maresciallo dell’Arma, Vincenzo M. (difeso dagli avvocati Walter Tesauro ed Ernesto Brivido), ora sospeso dal servizio. Sì, perché il suo nome è finito al centro di inchieste, aperte da altre procure italiane, per truffa, ricettazione ma anche per vicende legate a prostituzione.
In questo caso è tirato in ballo per avere chiesto quattrini a un operaio Giuseppe M. (assistito dagli avvocati Salvatore Daniele e Deana Scarpulla) che aveva presentato una denuncia contro il fratello. Ma alla fine era intervenuta la madre e mediare la situazione, convincendo il figlio a ritirare quell’atto che aveva presentato a carico del familiare. E, ignaro di quello che l’avrebbe atteso da li a poco, l’uomo s’è ripresentato alla caserma «Alaimo» chiedendo di potere tornare suoi suoi passi. È a qualcosa come cinque anni fa che la vicenda si riferisce. Ripensandoci su avrebbe preferito annullare quella precedente querela contro il parente. Ma si è trovato davanti un sottufficiale che, senza badare tanto al sottile, gli avrebbe chiesto denaro. Ponendogli la questione come «una tariffa imposta», gli avrebbe chiesto poco meno di trecento euro. Senza neanche sospettare irregolarità l’operaio avrebbe messo mani in tasca cacciando fuori le banconote. Ritenendo che la storia si fosse chiusa li. E invece no. Perché il copione s’è ripetuto. Questa volta ricorrendo ad un altro escamotage. La richiesta, in seconda battuta, sarebbe stata di oltre seicentocinquanta euro «per evitare al fratello il rischio che scattassero sei mesi di detenzione» e poi tirando fuori non meglio definite ipotesi di reato che avrebbero fatto da contorno. Tutto frutto d’invenzione.
Ma v’è stato pure un terzo atto. Con una ulteriore rivendicazione di soldi. Alzando ancor più la posta: settecentocinquanta euro per chiudere definitivamente il caso. E neanche stavolta all’operaio è balenata per la testa l’idea che quel militare stesse approfittando di lui. Soltanto parechhio tempo dopo, quasi casualmente, la vittima di quel sospetto raggiro s’è ritrovato a discutere di questa sua situazione con un amico. E questi ha subito intuito che v’era del losco dietro. Insieme si sono presentati in caserma chiedendo di quel maresciallo. Ma davanti all’altro il militare ha negato tutto, richieste di quattrini compreso. Così a quel punto è scattata la denuncia. Ma sul capo del sottufficiale pende pure ben altro. A cominciare da un’inchiesta, del lontano 2005, in cui è stato coinvolto con ipotesi pesantissime: favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione e rivelazione di segreti d’ufficio. E sul gruppone gli sono piovute, oltre a quella nissena, almeno altre tre denunce tutte risalenti a sette anni fa. Una a Floridia per truffa, una seconda a Brescello perché nel 2003 avrebbe pagato un’auto versando al concessionario due assegni rubati e, successivamente, avvrebbe chiesto un finanziamento alterando i propri dati anagrafici su busta paga, patente di guida e il codice fiscale. E, ancora, il 2 settembre del 2007 è stato denunciato ancora a Floridia per truffa, per avere consegnato ad un artigiano due assegni, per un importo di 3mila euro, poi rivelatisi carta straccia.

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