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Petrolio in mare a Gela, emergenza finita: amministratore Eni chiede scusa alla città

GELA. «Siamo dispiaciuti e chiediamo scusa alla città di Gela per quello che è accaduto. Eventi come questi danneggiano anche noi, come società e come gruppo». Bernardo Casa, amministratore delegato della «Raffineria di Gela», azienda del gruppo Eni, ha voluto chiudere così, ammettendo le proprie responsabilità, la vicenda dell'inquinamento da idrocarburi per lo sversamento in mare di una tonnellata di petrolio, avvenuto martedì scorso. Lo ha fatto nell'aula consiliare del comune di Gela alla presenza delle forze dell'ordine, delle autorità sanitarie, della guardia costiera, del sindaco, Angelo Fasulo, e del prefetto di Caltanissetta, Carmine Valente, il quale oggi è venuto per rendersi conto personalmente della situazione. "Siamo usciti dall'emergenza - ha detto il prefetto - perchè i lavori di bonifica ci permettono di dire che il problema è risolto". Le analisi dell'Arpa hanno confermato che il mare è balneabile e le spiagge fruibili dai bagnanti ha aggiunto, Valente, congratulandosi con la Capitaneria di porto e quanti hanno operato in mare e sulla terraferma, perchè «tutto il sistema di intervento ha funzionato». Altre analisi saranno effettuate nei prossimi giorni per un monitoraggio costante dell'ambiente marino. Soddisfazione è stata espressa anche dal sindaco, Fasulo, il quale ha sollecitato maggiori misure di prevenzione. «Molte cose non hanno funzionato come dovevano e noi cercheremo di accertarne le cause» ha detto l'amministratore delegato della Raffineria di Gela, nel rispetto del lavoro della magistratura inquirente «cui spetta il compito di accertare le responsabilità civili e penali di quanto accaduto». Ancora oggi, sopralluoghi sono stati effettuati dagli organi inquirenti nell'impianto «Topping 1» sottoposto a sequestro giudiziario. Il presidente della Confcommercio gelese, Rocco Pardo, ha chiesto che «l'informazione mediatica sul superamento di emergenza abbia lo stesso risalto dell'allarme iniziale, per evitare la fuga di quella fetta di turismo ancora presente nelle nostre zone».

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