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Ex dirigente del Genio accusatoGiallo su atti spariti dal dossier

Era attesa la sentenza ma salta fuori che mancano atti chiave sui lavori incriminati

CALTANISSETTA. È una sorta di giallo, saltato fuori ieri all'improvviso, a bloccare l'attesa sentenza a carico di un ex funzionario del Genio Civile tornato sul banco degli imputati per corruzione. Reato per cui il cinquantanovenne Santo Giusti, al termine del primo grado del giudizio celebrato con il rito abbreviato, è stato condannato dal gup Francesco Lauricella a un anno e otto mesi.
Perché accusato di avere intascato una tangente in favore di un parere «benevolo» per aumentare i costi dell'appalto legato della diga Disueri. Gara da una cinquantina di milioni di euro, finita poi nella bufera. Dopo che la procura ha ritenuto che la ditta aggiudicataria, ovvero la «Safab» di Roma dei fratelli Luigi e Ferdinando Masciotta, avrebbe versato soldi nelle tasche di funzionari del Genio civile perché questi acconsentissero ad aumentare di un quindici per cento l'importo a base d'asta. Un incremento sollecitato dall'impresa perché per un contenzioso con il Consorzio di bonifica di Gela, ente appaltante, era nata una controversia che aveva cristallizzato l'inizio dei lavori per ben sei mesi.
Ma poi il dirigente del Genio civile è stato assolto con sentenza già definitiva, mentre Giusti no. Lui, secondo la tesi accusatoria - e vi sarebbe una intercettazione ad attestarlo - avrebbe ricevuto in auto una tangente di ventimila euro, a fronte dei centodiecimila che sarebbero stati pattuiti, per esprimere un parere favorevole.
Ma come la difesa (gli avvocati Giovanni Lo Re e Stefano Poliziotto) ha rilevato ancora una volta ieri, vi sarebbe stato a monte un parere favorevole della commissione di collaudo e del direttore dei lavori. E sulla base di questi, Giusti avrebbe relazionato positivamente. Ma sono proprio questi atti della commissione e della direzione- che potrebbero risultare chiave - di cui non v'è più traccia. Nulla nel fascicolo del processo d'appello, né tantomeno in quello che il gup ha girato alla procura dopo la sentenza. Così, su proposta degli stessi avvocati Lo Re e Poliziotto, attraverso la corte d’Appello presieduta da Sergio Nicastro (consiglieri Giovanni Carlo Tomaselli e Miriam D'Amore) è stato chiesto al Consorzio di bonifica di Gela di produrre la documentazione che, s'è scoperto, manca agli atti del processo.

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