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La Sicilia è il regno delle pesche Dall’Etna ai Sicani, ecco le varietà

La gialla è la più consumata, ma nei mesi caldi sono nei banconi dei fruttivendoli pure la nettarina e quelle di Bivona e Leonforte, presidio Slow Food. Tra le più pregiate e costose la cosiddetta tabacchiera, dalla forma irregolare e molto profumata. L’esperto: la variabilità climatica dell’Isola favorisce la loro produzione

VITTORIA. In questo caldo periodo dell'anno fanno bella mostra di sé sui banconi dei fruttivendoli, attirando l'occhio del consumatore non solo per l'intensità del loro colore giallo-rossastro ma anche per l'intenso profumo che emanano. Sono proprio loro, le pesche, le protagoniste dei fine pasto di tante famiglie, che in Sicilia trovano terreno fertile e mercato: frutti succosi dal sapore zuccherino ideali per la preparazioni di fresche macedonie, torte o gelati. Sui banco frutta se ne trovano di tanti tipi: rotonde o piatte, con un po' di peluria o lisce. Ognuna ha un suo gusto che le identifica ma tutte sono utili per idratare il nostro organismo, visto l'alto contenuto di acqua, al quale apportano allo stesso tempo molte fibre e discrete quantità di vitamina C, potassio e beta carotene svolgendo così un'importante azione antiossidante.
La variabilità ambientale che caratterizza la Sicilia si è tradotta in una moltitudine di tipologie. La varietà più comune e più consumata, specie in estate, è la pesca gialla dalla polpa succosa e profumata e dalla buccia vellutata, la più adatta nella preparazione delle torte. La pesca bianca, invece, ha una polpa più chiara ed è filamentosa e croccante, a volte più dolce della sorella. Altra varietà è la pesca nettarina o pesca noce dalla polpa bianca o gialla, dalla buccia liscia e rossastra. I consumatori le trovano sui banconi a prezzi variabili da uno a massimo due euro al chilo. A costare qualcosina in più, invece, è la pesca tabacchiera che si caratterizza per il profumo intenso e la sua forma irregolare, tanto schiacciata sui due lati da ricordare il contenitore che veniva utilizzato per conservarvi il tabacco da fiuto. I pregi e le particolarità di questo frutto, di limitata diffusione, sono tanti: la taglia è medio-piccola e la polpa è bianca, profumata, morbida e dolcissima. La sua produzione è tipica delle pendici dell'Etna, specie nella zona dell'Alcantara e delle Valli del Simeto. Una varietà autoctona, dunque, rara ma prelibata che non è sfuggita neanche all'occhio di Slow Food che ne ha fatto un presidio da tutelare e promuovere.
Altra varietà, che viene raccolta a partire dalla fine di agosto, è quella di Bivona, chiamata anche Montagnola per la zona di provenienza: l'agrigentino. Dalla polpa bianca e le venature tendenti al rosso, questo tipo di pesca ha una polpa bianca e soda ed un sapore dolce ed aromatico. Per gli appassionati di pesche siciliane l'opportunità di portare a tavola questo frutto, però, non si esaurisce con la stagione estiva. Basterà infatti attendere qualche mese per un'altra varietà di pregio: la pesca di Leonforte. La loro coltivazione è molto laboriosa: a giugno, le pesche ancora verdi vengono chiuse in sacchettini pergamenati per essere protette dai parassiti e dal vento e rimangono così sugli alberi per essere poi raccolte quando mature a partire da settembre. Le pesche di Leonforte hanno un colore giallo intenso e sono profumatissime. Anche queste sono presidio Slow Food.
"La variabilità pedo-climatica degli areali siciliani - spiega Salvatore Antonino Raccuia, ricercatore presso l'Istituto per i sistemi agricoli e forestali del Mediterraneo-Dipartimento bio-agroalimentare del Crn -, ha contribuito, specie per le pesche tardive sia a polpa bianca che gialla, ad una buona diversificazione. Anche se su superfici ridotte, consentono alla peschicoltura tardiva siciliana di assumere importanza di rilievo nel contesto nazionale".

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