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Morti sulle strade, adesso basta: si vigili e tolleranza zero

Cinque pedoni uccisi solo negli ultimi venti giorni, undici dall’inizio dell’anno. Una cifra che si può più che raddoppiare se si estende il tragico elenco a tutti gli incidenti mortali avvenuti all’interno del perimetro urbano e che cresce a dismisura se si comprendono anche quelli nelle autostrade o in provincia. Dobbiamo ancora maledire il fato avverso e bollare come contingenti queste statistiche macchiate di sangue? O finalmente si comprende la reale portata di un fenomeno che ha già abbondantemente travalicato i confini dell’emergenza? Noi non crediamo alla casualità, sarebbe criminale ancor più che ingenuo e sbrigativo. A cosa crede invece chi ha il compito preciso, il dovere assoluto, di provare ad arginare il dilagare di questa terrificante mattanza? Ieri Palermo ha pianto altri due morti (e altrettanti a Catania, a conferma che il problema non riguarda di certo solo il capoluogo). Qui non si tratta più di contare le vittime e incrociare le dita per il futuro. Che altro si è fatto finora, del resto? Non vediamo provvedimenti concreti, non scorgiamo alcun piano o alcuna iniziativa che mirino a innalzare i livelli di sicurezza, siano essi di natura preventiva o repressiva.

Le condizioni dell’asfalto sono pessime nella maggioranza delle strade cittadine, a danno soprattutto di ciclisti e scooteristi; la segnaletica appare e scompare che neanche il vecchio inchiostro simpatico, tanto che attraversare una strada è una specie di roulette russa; l’autovelox sembra alloggiare solo lungo la circonvallazione, dove in effetti il tasso di incidenti si è ridotto, ma proprio questo dimostra che i controlli sulla velocità andrebbero estesi a molte altre strade ad alta percentuale di scontri; perfino le condizioni stesse dei mezzi in circolazione, spesso vecchi, usurati e insicuri, incidono sul numero degli incidenti ma i controlli sulle revisioni di auto e moto sono spesso poco meno che occasionali.

Tutta una serie di aspetti che andrebbero catalogati alla voce «prevenzione» e affrontati con attenzione assoluta. Sfidiamo chiunque a dire che, al di là di parole e promesse, si stiano in tal senso facendo passi importanti, concreti e immediati come invece una tale emergenza imporrebbe. Niente. Siamo alle chiacchiere. O, peggio ancora, ai silenzi. C’è poi la cronica indisciplina di chi si piazza al volante e mette in pericolo la propria e soprattutto l’altrui vita. Semafori, corsie preferenziali, strisce pedonali, divieti di sosta, precedenze, sensi di marcia, limiti di velocità sembrano tutti concetti astratti che in molti casi poco hanno a che fare con il senso di responsabilità di chi si sposta su due e quattro ruote.

Si impone un piano da tolleranza zero che non si risolva nella classica manfrina di facciata dei controlli a corto raggio, sull’onda dell’emotività legata ai fatti di cronaca. I vigili urbani servono «sempre» e «dovunque», non solo qualche volta e dove c’è scappato il morto il giorno prima. Sono pochi? Si svuotino gli uffici. Non bastano ancora? Si valuti col prefetto l’ipotesi di controlli interforze anche sul traffico. Limitarsi all’ordinaria amministrazione - e questo si è fatto finora, solo questo - significa avallare i capricci del fato. Che a Palermo ammazza pedoni, motociclisti e automobilisti senza che nessuno tenti di combatterlo. Una resa inaccettabile. Tragicamente inaccettabile.

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