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Acqua sprecata e non depurata
per la Sicilia doppia bocciatura

Nell’Isola il 60% dei reflui prodotti dall'uomo viene scaricato in mare rispetto al 38% del nord

PALERMO. Non basta il danno di essere la regione in Italia con il più basso livello di depurazione delle acque reflue; non basta il danno di avere più di un miliardo di euro a disposizione per i depuratori e di non saperlo spendere. Ora, arriva dall'Europa anche la beffa di una salatissima multa per la mancata depurazione dei reflui organici.
In Sicilia tanto la situazione della depurazione come quella dell'acqua potabile registrano deficit insostenibili. Una recente indagine presentata alla Camera lo fa emergere in tutta la sua crudezza. L'indagine, scrive sul Corriere della Sera Gian Antonio Stella, è stata realizzata dalla «Struttura di missione per lo sviluppo delle infrastrutture idriche». Una struttura voluta da Renzi per affrontare il tema delle acque e unificare le sei banche-dati esistenti «dove non c'era un solo numero che tornasse». Da pochi giorni l'Istat ha diffuso i dati del «censimento delle acque» che offre un quadro puntuale dei consumi, delle criticità e delle caratteristiche del ciclo dell'acqua e del ciclo di depurazione; il censimento mette a confronto la situazione delle diverse regioni italiane facendo emergere, anch'esso, il pesante ritardo della Sicilia.
Ma veniamo al cuore dei problemi, considerando che l'acqua potabile, le fognature e la depurazione fanno tutte parte dello stesso «ciclo». Il primo nodo è che le reti sono spesso dei colabrodo. È un po' tutta l'Italia che soffre la dispersione dell'acqua immessa in rete. Nella media nazionale più di un terzo dell'acqua non arriva all'utente finale. Ed in conseguenza, per fronteggiare la dispersione si «tira» di più dalle falde e dai corsi di superficie, aggravando così una situazione che tende a diventare sempre più critica: la scarsità di acqua dolce.
La media statistica copre però situazione tra loro molto diverse. «In alcune zone della Sicilia - rileva il censimento l'Istat - il subentro dei gestori del Servizio Idrico Integrato alle forme gestionali in economia ha dato l'avvio a campagne di monitoraggio e contabilizzazione dell'acqua più controllate e particolareggiate che hanno determinato differenze, anche importanti, rispetto ai dati stimati in passato». E queste differenze sono tutte a danno dei consumatori siciliani. Nell'Isola vengono immessi in rete circa 700 milioni di metri cubi di acqua all'anno, equivalenti a 377 litri al giorno per abitante. Peccato però che il 42% di quest'acqua prenda direzioni diverse, sicchè ogni siciliano può consumare soltanto 207 litri al giorno. Ogni siciliano riceve così il 25% in meno dell'acqua che arriva ad un qualunque residente nel centro nord. Per di più tra il 2008 ed il 2012, l'acqua dispersa nella rete siciliana è lievitata dal 35% al 45% di quella immessa. Il risultato finale è che siamo la quinta regione italiana per volumi di acqua immessa in rete e la quint'ultima per acqua consumata. E con l'aggravante che in Sicilia i prezzi dell'acqua sono tra i più alti d'Italia.
Ma se la minore disponibilità di acqua potabile costituisce un vincolo non da poco per l'utente finale, ben più grave per l'impatto sull'ambiente e per le attività economiche risulta invece la situazione degli impianti di depurazione, che vede la Sicilia boccheggiare all'ultimo posto in Italia. Gli impianti di depurazione rappresentano le infrastrutture fondamentali per ridurre l'inquinamento dei corpi idrici superficiali e sotterranei e per salvaguardare la salute della popolazione e la qualità delle acque marine. Eppure in Sicilia ben il 60% dei reflui prodotti dall'uomo viene scaricato in mare senza depurazione, rispetto al 38% del nord ed al 40% del Mezzogiorno.
In presenza di una situazione di forte disservizio per un bene fondamentale qual è l'acqua e di pesante carico inquinante per la mancanza di depuratori, si preferisce però dissertare sulla cosiddetta «acqua pubblica» o sulla opportunità di riportarne la gestione in capo ai comuni, mentre sarebbe ora che si cominciasse ad indagare invece sul deficit idrico della Sicilia, sul pesante inquinamento determinato dalla mancanza di depuratori e sui possibili rimedi da mettere in campo.
Certo non mancano i soldi; una montagna di quattrini a disposizione da tempo, è rimasta impigliata nella rete delle procedure autorizzative e nella incapacità dei soggetti preposti. «Non è più accettabile - denuncia la Struttura di Palazzo Chigi - che, pur in presenza di risorse, bisogna aspettare firme, timbri e pareri per tempi indefiniti ed assistere a conferenze di servizi dove i poteri di veto di ogni partecipante sono simili a quelli del Consiglio di Sicurezza Onu, facendo passare 3-6 anni dalla progettazione all'inizio di lavori anche banali». Anche in materia di spesa alla Sicilia spetta la maglia nera. La Delibera Cipe 60/2012 impegnava 1,6 miliardi per le Regioni del Sud per un totale di 183 interventi (depuratori, collettori, reti fognarie). In Sicilia, scrive Stella, su «96 opere programmate per 1,096 miliardi, appena 5 opere sono ancora al preliminare e zero sono i fondi impegnati». Con gli Accordi di Programma 2009/2010 sono stati programmati altri «194 interventi; 43 cantieri sono già chiusi e 71 aperti ma la Regione, che avrebbe dovuto sborsare 172 milioni accanto a quelli statali, ha scucito solo lo 0,1%».
Ora, causa «sciatteria, insufficienze e mancati controlli» arriva dall'Europa la maxi stangata per i depuratori che non ci sono. La multa per l'intero Paese è di 482 milioni di euro; la fetta più grossa la pagherà la Sicilia, con una sanzione di 185 milioni di euro. E noi dibattiamo di Ato e Comuni...

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