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La Formazione è da chiudere ma no ai ricatti

Servono soluzioni che salvaguardino il personale ma che azzerino gli enti. Tra i costi sostenuti per il settore circa tre miliardi di euro che sono andati in fumo

PALERMO. La formazione è un treno che si avvia mestamente alla sua ultima stazione. Le dichiarazioni del Presidente della Regione e dell'Assessore Scilabra (che peraltro sembra avvicinarsi alla riconferma) contengono un messaggio chiaro. Le loro parole ma ancor più i loro silenzi (neanche si parla di finanziare i prossimi corsi), hanno spinto le principali associazioni del settore ad inviare una richiesta ultimativa, non mancando di corredare la sollecitazione a reperire nuove risorse, con l'esplicito annuncio di «drastiche decisioni nei confronti dei dipendenti».
Un passaggio, questo, interpretato come una "minaccia" dalla Regione, rispedito al mittente ed accompagnato da una tagliente puntualizzazione. «I lavoratori del settore - ha detto a chiare lettere l'assessore al ramo - saranno gli attori della prossima programmazione formativa; non possiamo stabilire con certezza, invece, se ci sarà un ruolo (ed eventualmente in che misura) per gli enti di formazione». È la fine di una storia.
Insomma si delinea - come questo Giornale auspica da tempo - una soluzione che salvaguardia il personale ma che azzera l'impalcatura degli enti impegnati nella formazione, ormai sarcasticamente accostati dalla Scilabra a Hiroo Onoda, l'ultimo giapponese rimasto a combattere una guerra che in realtà era finita da trent'anni.
Sembra una frattura insanabile, alla quale non sono certo estranei gli avvenimenti di cronaca giudiziaria degli ultimi mesi e la presa d'atto che la cassa è ormai vuota.
Un giorno bisognerà pure fare un bilancio dei costi e dei ricavi di questa infernale macchina da guerra; bisognerà pure trarne una sintesi. Non è la spada della giustizia (penale e contabile) quella che invochiamo. È la spada tagliente dell'analisi politica, in ordine ad un'esperienza che così tanto ha tolto e così poco ha dato.
Si può forse fare tutto un fascio dei soggetti e degli enti coinvolti? Sarebbe ingiusto pensarlo. Ma il drenaggio di risorse finanziarie è rimasto sempre avulso dalla realtà del mercato del lavoro in Sicilia. Si parla di oltre tre miliardi di euro andati in fumo; ma anche se fossero due miliardi, vogliamo provare ad inseguire, solo per un attimo, un'illusione.
Con due miliardi di euro la Regione avrebbe potuto pagare alle imprese siciliane gli oneri contributivi e previdenziali per creare 80 mila nuovi posti di lavoro per cinque anni di seguito, tagliando il famigerato cuneo fiscale non del 5% o del 10% ma addirittura del 100%. È questo quello che abbiamo saputo fare.
Ed ora che cosa ci troviamo in mano? Qualche centinaio di enti avviati mestamente sulla via del tramonto, otto o nove mila persone alle quali bisognerà trovare un'alternativa di impiego, almeno 300 mila giovani che solo negli ultimi dieci anni hanno letteralmente gettato alle ortiche alcuni mesi della propria vita, spesso inseguendo un mito, ed alcuni datori di lavoro i quali, se mai abbisognano di un lavoratore, quanto meno devono mettere in conto di doverlo formare a proprie spese.
Un passaggio colpisce nelle dichiarazioni del Presidente della Regione; perché, si chiede Crocetta, le scuole e le università della Sicilia non figurano tra i soggetti abilitati ad erogare la formazione regionale? Forse siamo davvero ad una svolta epocale. [email protected]

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