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Bonus viaggi per i deputati dell’Ars, da non crederci

Anche il Parlamento siciliano fornisce una dimostrazione plastica di come la revisione della spesa pubblica possa rappresentare un risultato arduo da conseguire. Ne fa una puntuale (e preoccupante) rappresentazione l’articolo di Giacinto Pipitone.
Si parla così tanto e così spesso di “spending review” che alcuni ormai la chiamano confidenzialmente e non senza un pizzico di ironia la “spending”; eppure, come osserva criticamente Confcommercio, «la questione non potrebbe essere più seria». Per la banale considerazione che sottrarre un solo euro alla spesa pubblica significa togliere contestualmente un euro dalla tasca di qualcuno. Dovrebbe essere un’ovvietà, ma ogni giorno tocchiamo con mano la contraddizione tra i tanti che la invocano (“la spending”) ed i tantissimi che la contrastano. L’aspetto più preoccupante è che la Sicilia presenta il più basso livello di efficienza della spesa pubblica in Italia e contemporaneamente il più alto livello di spesa pubblica improduttiva; ma su questi dati Confcommercio avremo modo di ritornare.
Spesso le manovre messe in atto fanno pensare ad una tela di Penelope che si tesse con la mano destra e si scuce con la sinistra; ideologie escluse. Già nei mesi scorsi, ad esempio, era stata sforbiciata l’indennità per le missioni dei deputati, salvo poi scoprire che l’indennità è stata, prima reintrodotta, e poi rivista all’insù; un percorso che sorprendentemente all’ARS considerano «un modo per limitare le missioni».
Al Lettore, destinatario di una raffica quotidiana di spese improduttive, diventa sempre più difficile districarsi nella babele dei sotterfugi spesso messi in atto. Un fatto però è certo: la Sicilia continua a spendere, senza che si riesca a mettere mano ad alcuna ipotesi di revisione della spesa; malgrado anche alcune recenti vicende (debiti delle imprese, finanziaria bis) abbiano dimostrato la prossimità ad un situazione di incapienza dell’attuale livello di uscite rispetto alle entrate reali.
Questa situazione già preoccupante e che rischia di tracimare nel default, dovrebbe suonare più di un campanello di allarme nelle orecchie di chi rappresenta i Siciliani. Non parliamo del senso dello Stato che, in tempi di crisi crescente, dovrebbe indurre amministratori, politici e governanti a difendere e tutelare la sanità dei bilanci come un bene in sè. Non chiediamo ai deputati dell’Ars una consapevolezza piena dell’interesse generale. Sogneremmo, visti i tempi che corrono. Ci illudiamo almeno che si sia in grado di tutelare il senso dell’opportunità e non presentare ai siciliani proposte indigeribili come quella di cui parliamo oggi. Cosa si vuole? Accrescere ancora rigetto e rifiuto che già le recenti consultazioni elettorali hanno messo in luce? Si vuole arrivare a diffondere nell’opinione pubblica il rifiuto del pubblico come un male in sé? Perché si fa apparire il degrado come irredimibile e irreversibile? Riflettiamo su questo, per favore.

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