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Il ponte, il danno, la beffa

Ponte di Messina: la storia infinita. Nel dicembre del 2011 il governo Monti revocò il finanziamento per realizzare il ponte; lo stanziamento previsto era di 1,5 miliardi di euro. C'era tempo fino al febbraio di quest'anno per trovare una via di uscita con Eurolink, la società a guida Impregilo che si era aggiudicata la gara pubblica per realizzare il ponte. Ma fu chiaro, fin dal primo momento, che la disdetta unilaterale del contratto avrebbe prodotto soltanto una richiesta di risarcimento danni a nove zeri. E non sorprende oggi che sia già partita, secondo il Sole 24 Ore, una richiesta di risarcimento per circa 1,2 miliardi di euro, cui si accompagnano i ricorsi alla Corte europea ed al TAR del Lazio. La parola quindi passa mestamente agli avvocati e c'è da presumere che la vicenda non sarà priva di strascichi; non a caso lo stesso governo Monti, probabilmente consapevole dei rischi, aveva tentato di cautelarsi, offrendo ad Eurolink in «contropartita» lavori per 300 milioni di euro. L'offerta è stata però rispedita al mittente, mentre una impressionante potenza di fuoco (= studi legali) è stata messa in campo dall'AGI, l'associazione dei grandi costruttori, per recesso unilaterale da una gara regolarmente assegnata.
Per una anacronistica visione della politica, esponenti della «sinistra» e della «destra» hanno voluto ridurre, negli anni scorsi, il confronto sul ponte ad una banale contrapposizione ideologica, adducendo futili argomentazioni. È davvero paradossale che una grande infrastruttura, che avrebbe potuto rilanciare la Sicilia e l'intero Mezzogiorno continentale, sia diventata l'occasione, di volta in volta, per il trionfo del principe (leggasi Berlusconi) o per l'affermazione dei valori dell'Autonomia, o sia stata vista piuttosto come un attentato al paesaggio o persino come un impedimento al transito delle balene. Non di balene dovremmo preoccuparci, ma delle prospettive e della salute degli uomini e delle donne che vivono sulle due coste dello Stretto, il cui futuro è più importante. Sarebbe infatti sicuramente più tragico se una delle petroliere che ogni giorno transitano nello Stretto, dovesse perdere il suo carico. Ipotesi questa, purtroppo, meno remota di quanto pare, solo che si consideri che in quel budello di mare si incrociano 150 mila mezzi navali all'anno!
Molto si è scritto anche sulla utilità dell'opera. Eppure, chiunque può consultare il sito web dell'Autorità portuale di Messina e vedere che soltanto nel 2012 sono transitati tra le due sponde quasi cinque milioni di tonnellate di merci (in buona parte prodotti agricoli freschi del ragusano) e quasi otto milioni di passeggeri (in buona misura pendolari). Quanto ai paventati rischi, il ponte di Akashi Kaikyo in Giappone, una delle zone più sismiche al mondo, è stato inaugurato nel 1998. Nel 2005 è stato inaugurato il Runyang Bridge sul Fiume Azzurro in Cina e nel 2009 il Xihoumen Bridge sempre in Cina.
Ora la parola passa alle aule del tribunale. Spiace che il ragionamento abbia ceduto il passo alla demagogia. Purtroppo, come annotava qualche tempo fa il direttore del Corriere della Sera, nel nostro Paese non ci sono veri poteri forti, ma soltanto una congerie di corporazioni ingessate, una miriade di casellanti, tutti muniti del potere di veto. Presto, ahinoi, lo scoprirà anche il governo Renzi.

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