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De Mistura: la scuola parli tutte le lingue del mondo

L’inviato della Farnesina all’inaugurazione dell’istituto internazionale Cei: «Il futuro della Sicilia? Investa sui suoi tesori»

Insegnare ai bambini, fin da piccolissimi, più di una lingua straniera per porre le basi del loro futuro lavorativo già tra i banchi di scuola, e investire nel settore turistico per sfruttare l’immenso patrimonio culturale dell’Italia e in particolare della Sicilia, crocevia di dominazioni diverse. Ne è convinto Staffan De Mistura, inviato speciale del governo italiano in India, attualmente impegnato nella delicata trattativa che riguarda i due marò Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, arrestati due anni fa per aver ucciso due pescatori al largo delle coste del Kerala, scambiandoli per pirati, e ancora in attesa del processo.
De Mistura è stato ospite, ieri, della presentazione, al Cei di Palermo, della prima scuola internazionale appartenente al circuito IB, che rilascerà ai suoi allievi il prestigioso titolo di studio «International Baccalaureate» per l'ammissione alle università di tutto il mondo. Sul caso dei due fucilieri, però, De Mistura ha tenuto la bocca cucita: «Lunedì si riunirà la Corte Suprema e solo allora potrò dare delle risposte, già domani sarò in viaggio per Delhi».

QUESTO È IL PRIMO ISTITUTO DEL GENERE NEL SUD ITALIA: LA SICILIA SI POTRÀ ALLINEARE COSÌ AGLI STANDARD FORMATIVI INTERNAZIONALI?

«Si tratta sicuramente di una scuola d'avanguardia: basta vedere i tanti ragazzi che ho incontrato e che, nonostante siano tutti giovanissimi, parlano già un inglese impeccabile. Un ottimo inizio per una vita all’insegna dell’integrazione e dell’internazionalizzazione».

IL CAPOLUOGO SICILIANO COME SI PONE IN QUESTO CONTESTO?

«Palermo era una città internazionale e credo che lo sia tuttora. Se si educano i bambini, fin da piccolissimi, a studiare le lingue straniere e averne buona padronanza, la città acquisirà un importante valore aggiunto».

MENTRE LA DISOCCUPAZIONE GIOVANILE SI ATTESTA A LIVELLI RECORD, LA TENDENZA È QUELLA DI ABBANDONARE LA REGIONE E SPESSO ANCHE IL PAESE PER CERCARE LAVORO ALL’ESTERO. COSA FARE?

«Intraprendere questo tipo di percorso formativo è anche un modo per aiutare i giovani a rimanere e investire nella propria terra. Palermo è un mosaico costituito da tutte le culture che hanno fatto tappa in città e dunque, già nel dna dei suoi cittadini, c’è la capacità di comprendere, amare e apprezzare le culture differenti, ma anche la voglia di farsi capire. Bisogna puntare, oggi più che mai, su questo aspetto».

FINO A POCO TEMPO FA A SCUOLA SI STUDIAVA A MALAPENA UNA LINGUA, OGGI LE COSE SONO IN RAPIDA EVOLUZIONE...

«Il mondo è cambiato, ormai è globalizzato: inutile non riconoscerlo. Di conseguenza, avere un handicap come quello di parlare esclusivamente la lingua madre, vuol dire chiudersi in se stessi. Sono proprio i bambini della scuola materna la chiave degli anni che verranno, nonché la futura leadership: per questo vanno abituati e stimolati nell’apprendimento di altri idiomi. Io parlo sette lingue, sicuramente nessuna in maniera perfetta. Credo sia necessario iniziare a studiarle fin dalla tenera età, in modo che da grandi i piccoli di adesso riusciranno a parlare senza svelare alcuna cadenza. Chi impara poi lo stesso tipo di gestualità e modi di dire degli altri Paesi, afferrando al volo ogni espressione, ha sicuramente una marcia in più nella vita».

QUALI LE PROFESSIONI DEL FUTURO IN CUI BISOGNA INVESTIRE?

«Sarò di parte, ma credo in quelle internazionali, perché la società si è evoluta. Sono convinto, ad esempio, che il settore del turismo abbia tanto da offrire: anche nei momenti economici più difficili c’è sempre uno straniero che visita l’Italia e il Paese ha un patrimonio immenso che rappresenta il nostro oro bianco. Bisogna però essere in grado di rendere appetibili e fruibili i tesori che possediamo e presentarli al meglio ai visitatori di tutto il mondo».

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