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Trigilia: «Alla Sicilia 7 miliardi per potere uscire dalla crisi»

Il ministro della Coesione territoriale spiega che i fondi serviranno per innovazione e internazionalizzazione

PALERMO. Oltre 110 miliardi di euro: sono i fondi di cui beneficerà l’Italia con la programmazione 2014-2020. E una quota consistente si prevede andrà alla Sicilia. Fondi che dovranno essere spesi tutti e bene, per aiutare il Paese ad uscire dalla crisi. Il ministro della Coesione Territoriale, Carlo Trigilia, siciliano e anche presidente della Fondazione Res, spiega quali misure sono state adottate finora e quali il governo intende mettere in campo per centrare l’obiettivo. «Usciamo dalla crisi economica e sociale più grave dal secondo dopoguerra ad oggi. Gli ultimi cinque anni sono stati difficili, l’Italia ma in particolare il Mezzogiorno e la Sicilia hanno sofferto molto. Oggi ci sono dei piccoli segni di ripresa, ancora più deboli Sud. Il governo ha cercato di intervenire, abbiamo messo in atto una strategia per contrastare il tracollo del reddito, il calo a picco degli investimenti, il crollo dell’occupazione, problemi che interessano principalmente le regioni del Mezzogiorno e la Sicilia».


ATTRAVERSO QUALI MISURE SI PUÒ INTERVENIRE?
«Nell’ultimo Consiglio dei Ministri abbiamo approvato una manovra di riprogrammazione dei fondi europei che ha l’obiettivo di accelerare sulla spesa, un pacchetto di misure da sei miliardi e duecento milioni. Gli interventi sono diversi, l’importante è guardare alle finalità verso cui orientare le risorse. Questa operazione si aggiunge ad un’altra riprogrammazione dei fondi effettuata subito dopo l’insediamento del governo, pari ad un miliardo di euro destinati soprattutto all’imprenditoria giovanile».


NEL DETTAGLIO, COSA PREVEDE QUEST’ULTIMA MANOVRA?
«Un miliardo e 200 milioni di euro saranno investiti per il sostegno alle piccole e medie imprese, attraverso il rifinanziamento del Fondo centrale di garanzia che facilita l’accesso al credito per le aziende. Un altro miliardo invece servirà a sostenere l’auto-imprenditorialità, in particolare con il rifinanziamento della legge sull’imprenditoria giovanile. A questi si aggiungono altri 700 milioni per la ‘decontribuzione’ ossia gli sgravi contributivi per chi assume giovani e lavoratori con più di 50 anni».


IL PROBLEMA OCCUPAZIONE È MOLTO FORTE E IN SICILIA, SECONDO I DATI DELLA FONDAZIONE RES CHE LEI PRESIEDE, LA PERCENTUALE È QUASI DOPPIA RISPETTO AL PAESE, 19,7% CONTRO 11,3%. LA MAGGIOR PARTE, IL 36%, SONO PROPRIO EX OCCUPATI CHE HANNO PERSO IL LAVORO…
«Nella manovra sono previsti 350 milioni di euro per cassa integrati (anche in deroga) e lavoratori socialmente utili, l’obiettivo è quello di una loro ricollocazione produttiva. Abbiamo fatto uno sforzo su questa misura per spostare le risorse dai sussidi alle imprese, attraverso un meccanismo di abbattimento degli oneri contributivi e di investimento anche sulla formazione professionale».


CI SONO ANCHE MISURE CHE RIGUARDANO IL SOSTEGNO ALLE FAMIGLIE?
«In Italia oggi si pone il problema della povertà, di famiglie che non possono accedere ai beni primari quali cibo e riscaldamento. Il 24% di queste famiglie vive al Sud. Nella manovra sono stanziati 300 milioni per il sostegno al reddito di chi è sotto i 3 mila euro annui. Si tratta di una combinazione di misure attive e passive ossia attraverso i sussidi per accedere ai beni primari, la presa in carico da parte dei servizi sociali ma anche l’inserimento scolastico dei minori e l’aiuto agli adulti per accedere al lavoro».


UNA PARTE CONSISTENTE DI QUESTA MANOVRA RIGUARDA INFINE IL SOSTEGNO ALLE ECONOMIE LOCALI…
«Si tratta di tre miliardi, investiti per piccoli lavori quali manutenzioni, riqualificazioni, interventi di pulizia. Metà dell’importo riguarda le scuole con interventi di ristrutturazione, bonifica dall’amianto e l’efficientamento energetico. Tutti progetti subito cantierabili, di importi contenuti e da concludere entro pochi mesi. L’obiettivo è di creare subito domanda nelle economie locali. Una buona fetta di queste risorse va al Mezzogiorno ma con sicure ricadute anche al Nord: ogni 100 euro spesi al Sud, si attivano circa 20/30 euro di spesa al Nord».


PARTE ADESSO LA NUOVA PROGRAMMAZIONE 2014-2020. QUALI SONO LE LINEE PROGRAMMATICHE?
«Abbiamo impostato in maniera completamente diversa la programmazione. Sino ad oggi la qualità della spesa ha lasciato molto a desiderare. Le risorse invece vanno spese tutte e meglio. Per questo abbiamo fatto innanzitutto uno sforzo per evitare la frammentazione, la dispersione in mille rivoli. Le misure saranno una cinquantina, negli anni passati erano diverse centinaia. Gli obiettivi su cui ci siamo concentrati sono innovazione, internazionalizzazione, valorizzazione dei beni culturali ed ambientali, investimenti sul capitale umano attraverso l’istruzione, contrasto alla povertà e interventi per l’inclusione sociale. L’altro sforzo che abbiamo fatto riguarda il controllo, attraverso la creazione di un’Agenzia per la coesione territoriale. La struttura avrà il compito di monitorare l’utilizzo dei fondi e accompagnare le autorità di gestione ma che potrà anche sostituirsi ad esse nel caso di errato o mancato utilizzo delle risorse».


QUANTE RISORSE ARRIVERANNO IN ITALIA E QUALE SARÀ LA «FETTA» DELLA SICILIA?
«Sono previsti 30 miliardi dall’Unione Europea e 30 miliardi di cofinanziamento dello Stato. A queste somme si aggiungeranno 54 miliardi del Fondo nazionale di sviluppo e coesione, l’ex Fas, attraverso cui a partire da questo ciclo saranno finanziate le opere infrastrutturali. Sono risorse importanti e non si può perdere l’occasione di utilizzarle al meglio. Il piano di riparto non è stato ancora fatto ma alle regioni meridionali andranno circa 20 miliardi, una quota consiste sarà destinata alla Sicilia. Guardando anche al passato, possiamo stimare che saranno fra 6 e 7 miliardi».


IL PREMIER LETTA, PROPRIO IN QUESTI GIORNI, HA PREVISTO UNA POSSIBILE RIDUZIONE DELLE TASSE NEL 2014. COME SARÀ POSSIBILE RAGGIUNGERE QUESTO OBIETTIVO?
«Il governo punta principalmente a ridurre le tasse sul lavoro, è un obiettivo a portata di mano. Se lo spread scenderà, si potranno ridurre i tassi di interesse: per l’Italia significa ridurre gli interessi sul debito pubblico che oggi rappresentano fra 85 e 90 miliardi di euro. Somme che, insieme a quelle recuperate dalla revisione della spesa, potranno servire a ridurre la pressione fiscale».


PER IL 2014 È IPOTIZZABILE USCIRE DALLA CRISI?
«Sicuramente si potrà fare un pezzo di strada in questa direzione ma solo se non ci faremo male da soli, se ci sarà concordia politica sulle misure essenziali. Se dovesse invece prevalere la conflittualità sarebbe un gravissimo errore».

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