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Sardegna, Graziano: «Il territorio è devastato Anche la Sicilia è a forte rischio»

Il presidente del Consiglio nazionale dei Geologi: “Serve più manutenzione, abbiamo modelli di città e campagna vecchi”

PALERMO. Contro il rischio di inondazioni la prevenzione è la parola d'ordine. Ne è convinto Gian Vito Graziano, presidente del Consiglio nazionale dei Geologi: «Bisogna fronteggiare l'emergenza in tre modi diversi - dice -. Innanzitutto attraverso la ricerca delle risorse, perché trenta milioni di euro in situazioni come quella che ha colpito la Sardegna sono una mancia e non un impegno di spesa; in secondo luogo ci vorrebbe una legge del territorio: in questo momento abbiamo tante ”leggine”, ma non c'è una normativa organica che disciplini l'urbanistica con i suoi modelli ormai sorpassati. Il terzo problema è di natura prettamente comportamentale e richiede una efficace campagna informativa che inizi tra i banchi di scuola: bisognerebbe insegnare agli alunni anche come comportarsi in caso di rischio sismico e idrogeologico, in modo che le nuovissime generazioni, magari, facciano da tramite ai genitori. Per questo abbiamo proposto al ministero dell'Istruzione un opuscoletto da diffondere nelle classi: non si risolverebbero certo i problemi ma si creerebbe coscienza».

SI PARLA DI RISCHIO INONDAZIONI PIÙ FREQUENTI E INTENSE IN MOLTE REGIONI A CAUSA DEL PROBABILE AUMENTO DELLE TEMPERATURE. COSA SI STA FACENDO?
«Non si tratta di un problema soltanto italiano. La differenza, però, è che le altre nazioni si stanno attrezzando: sul Danubio, ad esempio, stanno alzando gli argini; in Olanda hanno aumentato la fascia di inedificabilità accanto ai fiumi. In Italia, invece, è successo l'esatto contrario: a Genova, poco prima che ci fosse l'alluvione, qualcuno aveva anche pensato di diminuire le fasce non edificabili rispetto ai fiumi perché da un po' di anni non accadevano disastri climatici».

COME SI PUÒ EVITARE IL CAMBIO DI CLIMA?
«Dobbiamo imparare a gestirlo. Siamo davanti a fenomeni che hanno un tempo di ritorno enorme, anche di secoli. Bisogna però saper reagire: non possiamo stare fermi e sopportare. Il territorio è stato devastato ed è privo di qualunque tipo di manutenzione».

OLTRE AI CAMBIAMENTI CLIMATICI, QUALI ALTRI FATTORI CONTRIBUISCONO AL RISCHIO ALLUVIONI?
«Sicuramente l'urbanizzazione: abbiamo modelli di città e campagna vecchi. Nelle prime bisogna verificare nuovamente tutte le linee d'acqua e i torrenti che passano nel tessuto urbano per capire se hanno lo spazio necessario per fronteggiare eventi così forti. Lo stesso vale per le campagne, dove vige tuttora un modello legato alla campagna agricola, che va rivisto».

IN CHE MODO?
«Da tempo i geologi chiedono l'istituzione di una commissione che possa affrontare tali problematiche, così come fece la De Marchi. Il governo non può pensare di risolvere tutto con una legge: c'è la necessità di creare un gruppo di diversi esperti, dagli urbanisti ai sociologi fino agli economisti, per capire come poter affrontare l'emergenza e per valutare cosa succede a valle e a monte, prima di procedere con qualunque intervento».

COME VI STATE MUOVENDO ADESSO?
«È stato istituito un gruppo per portare avanti il ddl di consumo del suolo. Siamo felicissimi ma ci vuole di più. Dieci milioni di euro saranno anticipati ai comuni per demolire gli edifici abusivi a rischio elevato e molto elevato: un intervento importante, certo, ma non determinante. Passaggi come questo dovrebbero essere la regola, non l'eccezione».

QUALI SONO LE ZONE A RISCHIO IDROGEOLOGICO IN SICILIA?
«L'Isola ha un territorio molto variegato e situazioni diverse da un posto all'altro. Purtroppo il rischio che si verifichino alluvioni c'è: non ci sono elementi che possano escludere che succeda di nuovo. Quella di Giampilieri è stata la punta di un iceberg: tutto il Messinese e la zona dei Nebrodi sono a evidentissimo rischio idrogeologico. Non si tratta solo di una o due fasce R4 (ad alto rischio), ma sono tante. Anche il capoluogo siciliano ha un pericolo alluvioni grandissimo: in questo caso il problema non è scatenato dalle frane ma dai canali di smaltimento, non a caso chiamati di maltempo, che sono ostruiti e non ne sono stati fatti di nuovi. Non dovremmo meravigliarci se, quando piove, si allaga la circonvallazione. Il rischio però riguarda anche tutto il centro storico di Palermo, dal Papireto alla Cala».

QUANTI FONDI SERVIREBBERO PER ATTUARE DEGLI INTERVENTI CHE NON SIANO SOLO «TAMPONE»?
«Nella legge di stabilità soltanto 30 milioni di euro sono stati stanziati per la difesa del suolo, divisi per 20 regioni. Questo significa che non basteranno a coprire ogni singolo territorio. Pensare che sette miliardi di euro sono stati invece destinati alla difesa che ha un suo apparato; se questi si aggiungono ai 13 riservati ai cacciabombardieri, si arriva a 20 miliardi. Ma quale migliore difesa per il cittadino se non quella da alluvioni o frane?»

A COSA SERVIRANNO INVECE I 20 MILIONI STANZIATI PER LA SARDEGNA?
«Saranno sufficienti, come spesso accade, solo per mettere una pezza. Basti pensare alle decine di milioni destinati a Giampilieri che non sono mai bastati a dare dignità a un paese ormai morto».

C'ERA STATO QUALCHE SENTORE DI PERICOLO IN SARDEGNA?
«I geologi sardi, proprio qualche tempo fa, avevano lanciato l'allarme sulla manutenzione dei fiumi e degli affluenti secondari. Ma i problemi, purtroppo, vengono a galla solo quando succedono i disastri».

QUANTI SONO GLI ABITANTI A RISCHIO ALLUVIONI?
«Circa sei milioni. Ma la domanda esatta sarebbe....quanti di loro sanno di vivere in una zona a rischio?».

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