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Sul premier tempesta continua

Altro che lo tsunami della decadenza di Berlusconi: con tutti gli spifferi di questi giorni, il governo rischia di andarsene per un raffreddore. Si sa che Daniela Santanchè è «divisiva» e quindi poco adatta a fare la vice presidente (condivisa) della Camera. Ma la presidenza dell'Antimafia vale dieci volte tanto e Rosy Bindi è talmente «divisiva» da essere in minoranza perfino nel suo partito. La prima viene bocciata, la seconda promossa. Se il Pd risolve un problema, per il PdL e per il governo se ne apre uno gigantesco. L'indomani la nomina di Riccardo Villari a presidente dell'Autorità portuale di Napoli viene approvata dal Senato e bocciata dalla Camera: si apre un altro problema perché l'episodio è piccolo, ma altamente simbolico. Se nella legge di stabilità si scopre che dietro tasse e tassette si nasconde una fregatura peggiore di quella dell'Imu, Angelino Alfano perde la faccia e restare non gli sarà facile. Il problema sta diventando maggiore del suo dualismo con Fitto. Insomma si sta celebrando il festival della stupidità.
L'ala governativa del PdL viene indebolita ogni giorno e rischia di non fare una figura eroica se resistesse a qualunque costo. Nelle loro tre grandi coalizioni del dopoguerra (1966,2005, 2013) i tedeschi si sono messi d'accordo dopo aver certificato anche il colore della tappezzeria delle stanze di governo. Le larghe intese Letta-Alfano sono nate per uno stato di necessità, perché il loro era ed è il solo governo possibile se non si vogliono sciogliere le Camere alla greca, cioè a pochi mesi di stanza all'interno dello stesso anno. Da noi occorre cambiare anche la legge elettorale e perciò fino ad allora non se ne parla. (Ma il fatto che ieri il capo dello Stato abbia voluto presiedere - cosa del tutto irrituale - un vertice di maggioranza sulla nuova legge elettorale, dimostra che anche lui sente scricchiolare la sedia occupata da Letta….). Il PdL ha chiesto soltanto che non si paghi l'Imu e non aumentino le tasse. Per il resto, nebbia da ambo le parti. (La riforma della giustizia viene giudicata urgente dallo stesso Napolitano, Letta vi accennò indirettamente nel suo discorso programmatico, ma il Pd non vuole saperne).
Il problema è che entrambi i partiti si sentono in campagna elettorale, vanificando la stessa ragione sociale delle grandi coalizioni: adottare misure impopolari che né l'uno né l'altro dei contraenti sarebbero in grado di approvare da soli. La legge di stabilità ha fatto il massimo possibile nelle condizioni date, ma dovendo far fronte a esigenze opposte e non potendosi sfondare il bilancio come ai bei tempi del compromesso storico, si avvia sulla strada giusta ma non risolve nulla. Su questa gracilità di fondo incombe il problema di Berlusconi che diventa ogni giorno più gigantesco. Il senatore Sergio De Gregorio prende i soldi e passa da Di Pietro a Berlusconi nel settembre 2007 (Prodi cadrà solo nel gennaio 2008 grazie all'abbandono del gruppo di Mastella). Confessa spontaneamente i fatti ai giudici cinque anni dono, quando un pubblico ministero ne chiede l'arresto per i finanziamenti illeciti all'Avanti!. L'avvocato Ghedini dice che mancano le prove della consegna del denaro in «nero», l'accusa sostiene di averle. Bene, ma il problema non è questo. La rivoluzione, diceva Mao, non è un pranzo di gala. La politica nemmeno. Anzi, secondo la cruda definizione di Rino Formica, è «sangue e merda».
Passaggi opachi di parlamentari da un gruppo all'altro sono sempre esistiti in tutto il mondo. In Italia l'articolo 66 della Costituzione libera i parlamentari dal vincolo di mandato, cioè gli consente di essere eletti a sinistra e andarsene liberamente a destra o viceversa. Con il patteggiamento De Gregorio, viene stabilito per la prima volta che si applica ai politici l'articolo del codice penale finora in uso per i pubblici ufficiali corrotti. Il codice punisce anche la sola promessa di denaro o di altra utilità. In questo modo non si può non dico finanziare una fondazione o far nascere il gruppo parlamentare del parlamentare corteggiato, ma nemmeno promettere a qualcuno la carica di sottosegretario se cambia fronte. Ancora una volta, dunque, è la magistratura a interpretare le regole della politica e a confondere il diritto con l'etica.
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