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La Sicilia ai margini

di LELIO CUSIMANO

La preoccupata denuncia del presidente di Confindustria, Squinzi riecheggia anche in Sicilia, dove di industria poca ce ne era e pochissima ne è rimasta. Per chi ha seguito gli avvenimenti di ieri nella nostra regione, la giornata è scivolata tra annunci sulla vertenza formazione ed attese sulla tribolata vicenda dei laboratori di analisi.
Certo siamo consapevoli che i nodi, allacciati già anni fa, finiscono con il dettare l'agenda di chi governa, ma è pur vero che l'esigenza di una inversione di rotta è ormai improcrastinabile e richiede l'invio almeno di qualche segnale. È proprio l'industria l'architrave che rischia di cedere, facendo crollare l'intero sistema. Dopo le vicende dell'ILVA di Taranto, di Termini Imerese e dell'IRISBUS fino alla complessa vicenda FIAT, sempre più si confermano i rischi di una fuoriuscita dell'industria meridionale dai comparti strategici. Ma è sul fronte dell'occupazione che si avvertono di più gli effetti della crisi: gli occupati nell'industria in senso stretto si sono ridotti al Sud tra il 2007 e il 2011 di oltre 100 mila unità (-11%), a fronte di una riduzione pari alla metà nel Centro-Nord (-5,5%). Dobbiamo acquisire la consapevolezza che in Sicilia risulta ancora troppo piccola la quota di imprese e di imprese esportatrici, mentre resta troppo forte la dipendenza dagli appalti della pubblica amministrazione la stessa che, ormai senza risorse, ha bloccato i nuovi appalti e, per di più, ritardato il pagamento dei beni e dei servizi acquistati. Come la SVIMEZ ripete da anni, il Sud ha bisogno, più di altre aree, di quelle riforme strutturali che rompano i meccanismi di una società bloccata, che consolida le rendite e deprime lo sviluppo. Oggi abbiamo lasciato alle nostre spalle la fase della caduta produttiva ed abbiamo imboccato una china ben più pericolosa: è quella della definitiva chiusura delle imprese stesse. E se un'industria in difficoltà può riacquistare slancio con la ripresa dei consumi, un'industria che ha chiuso i battenti non si ricrea dall'oggi al domani. Certo la formazione, i laboratori privati, gli ex PIP, rappresentano urgenze ed emergenze reali, ma non possono più restare le sole. Ormai il dramma si è consumato. Lo si vede nei 241 mila siciliani in cerca di occupazione, nei 296 mila neet (giovani siciliani che non studiano e non lavorano) nei 490 mila lavoratori siciliani irregolari; si tratta di quasi un milione di persone su cinque milioni di abitanti. Cerchiamo almeno di non far diventare il dramma di oggi una condizione permanente e senza uscite.
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