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Precari, gli sprechi da evitare

È esploso il dramma sociale dei precari in scadenza di contratto. E la strada dell’approvazione del bilancio della Regione, già piena di ostacoli, è diventata un percorso di guerra. Anzi, di guerriglia civile. Eventuali misure tampone rischiano di non essere risolutive, in conseguenza della legge statale che vieta ulteriori proroghe dopo il 31 luglio.
Di fronte a un’emergenza di questa portata, il governo regionale è chiamato a dare un segnale forte di vera attenzione al problema del lavoro. Servono risorse e all’orizzonte non ce ne sono. Occorre un maggiore impegno per agevolare lo sviluppo. Ma l’obiettivo prioritario è quello di risanare le casse pubbliche e per farlo non si può prescindere dalla tanto sbandierata - e poco attuata - politica di riduzione della spesa. Se si riuscirà ad imprimere una svolta su questo fronte, passando dalle intenzioni ai fatti, si potrà poi con maggiore facilità invocare il ricorso alla ragionevolezza da parte di quelle categorie sociali che vivono disagi di enorme portata in questi tempi di crisi globale.
Di certo, bisognerà muoversi per evitare nuove tensioni di piazza. Ora che le forze dell’ordine sono dovute scendere in campo per difendere il presidente Crocetta dai tumulti, questa esigenza è chiara a tutti. A chi - come i precari o gli altri lavoratori che temono per il proprio futuro - crede di risolvere i problemi con la violenza, è necessario rivolgere un appello, affinché prevalga il buonsenso. Ma lo Stato - per potersi vestire d’autorità e garantire l’ordine pubblico - ha bisogno di credibilità. E quanto più riuscirà a mostrare la volontà di scardinare i privilegi della politica, tanto più sarà poi possibile fermare i facinorosi.
Al contrario, le notizie che ogni giorno saltano fuori dal Palazzo non inducono a ritenere che questo percorso di autorevolezza sia stato imboccato. Tutt’altro. Ieri mattina abbiamo scritto che gli appalti in Sicilia sono fermi per colpa di una legge approvata dalla Regione un paio d’anni fa, che obbliga le amministrazioni locali a rivolgersi a consultenti esterni per valutare le offerte. Cioè, a sostenere costi «impossibili» per Comuni dalle casse asfittiche. Con il risultato che risorse europee disponibili e spendibili restano ferme e rischiano di essere perdute. Il tutto, mentre le imprese edili invocano l’apertura dei cantieri per dare ossigeno a un settore in crisi sempre crescente.
Ora, ci si chiede perché mai debbano rivolgersi a consulenti esterni amministrazioni pubbliche che hanno personale in esubero, anche in forza della sciagurata corsa alle assunzioni clientelari di precari degli anni passati. Ed alle più recenti stabilizzazioni degli stessi lavoratori. Si scelgano quei dipendenti che hanno dato prova di onestà e competenza per valutare le offerte. E se qualcuno sbaglia, scendendo a patti con la mafia o incassando bustarelle, paghi. Si indaghi per assicurare trasparenza alle gare d’appalto. Ma non si può gettare il bambino con l’acqua sporca, ovvero bloccare di fatto gli appalti e l’economia per paura del malaffare. Occorre subito una legge che abroghi quella norma infausta. L’occasione c’è ed è proprio la legge finanziaria che sta per arrivare all’esame dell’Ars. Ridare fiato agli appalti - cancellando l’empasse attuale - darebbe un segnale forte alla piazza.

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