Questo sito contribuisce all’audience di Quotidiano Nazionale

Partecipate, tra sciali e sprechi

Su questo giornale, l’altro ieri, abbiamo scritto della giusta decisione della Regione di accorpare le società partecipate. Sperando che ciò non si trasformi in un pasticcio, soprattutto nell’utilizzo del personale. Considerando, ad esempio, il caso della Ciem, dove 15 persone «sono a disposizione», cioè rischiano di non fare nulla e di essere pagate lo stesso. Sul sito del Giornale di Sicilia (www.gds.it), il lettore «Rex» afferma: «Il giornalista si informi meglio riguardo ai lavoratori Ciem: non tutti si grattano la pancia». E meno male che «non tutti si grattano la pancia». Per fortuna, apprendiamo, che qualcuno lavora, altrimenti sarebbe davvero uno scialo per chi guadagna senza fare nulla ed uno spreco dei nostri soldi. La notizia che lì qualcuno «non si gratta la pancia», ci conforta assai.
Chi si cela dietro la scritta «Fuori i raccomandati», invece, è perentorio: «Quei lavoratori sono entrati per amicizia e senza alcun merito, ora vadano da chi li ha fatti assumere. Bussate alle porte dei politici o degli amici che vi hanno dato il lavoro». Probabilmente, lo hanno già fatto. Ma questo non muta il problema iniziale: per far cosa? Per chiedere di lavorare meglio e con più produttività? Lo speriamo. Anzi, siamo sicuri che in questi enti non si agisce come si faceva al Comune di Reggio Calabria dove la stragrande maggioranza dei dipendenti era «assenteista» (vedi articolo a pagina 9).
Anche perché, giustamente, «Franco» si chiede: «Non capisco perché ci si preoccupa tanto di personale assunto in enti "para regionali" con chiamata diretta da politici senza scrupoli e "votoscambisti"... tanti altri disoccupati sono rimasti a casa». Non c’è altro da aggiungere.
Non la pensa così «Un 50enne precario»: «Ora che un assessore si preoccupa di salvaguardare il lavoro ci preoccupiamo di chi non lo ha? Il lavoro bisogna darlo, non toglierlo». Giusto, ma di quale lavoratori parliamo: di quelli che hanno la fortuna di averlo ma finiscono con l’essere «assenteisti», o di quei 700 mila siciliani disperati che un lavoro vorrebbe averlo e non hanno «Santi in Paradiso» a cui rivolgersi?

Caricamento commenti

Commenta la notizia