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Il Pdl molla il governo, per il partito o per il Paese?

Quella che si sta svolgendo in queste ore nel teatrino della politica è la commedia degli errori o quella degli orrori? Non si capisce. Forse un copione misto nel quale solo il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano cerca di mettere ordine per impedire la fine caotica della legislatura. Gli altri protagonisti della partita, invece, sembrano vittime di una grave forma di incontinenza. A cominciare dal ministro Passera le cui incaute parole hanno acceso la miccia. Perché in tv ha definito un «errore» il ritorno di Berlusconi sulla scena politica? Ragioni di opportunità avrebbero imposto il silenzio. Il Cavaliere resta il capo del maggior partito della maggioranza che regge il governo: perché umiliarlo? Tanto più che le Camere stavano per cominciare l’esame del Decreto Sviluppo che porta proprio la firma del ministro: perché gettare altra benzina sulla brace già ardente?
Provocazione o trappola che fosse, resta il fatto che la reazione del Pdl ha rispettato le previsioni.
Il falò è diventato immediatamente incontrollabile: il partito spaccato, Berlusconi che di prepotenza cerca di riconquistare il centro della scena politica. I mercati finanziari che reagiscono: la Borsa di Milano unica a scendere in Europa, lo spread che risale a quota 330. Una confusione immensa nella quale non si capisce più nulla. Soprattutto diventa incerto il confine fra gli interessi del partito e quelli del Paese. Con un dubbio: che l’attenzione alle logiche di schieramento sia maggiore rispetto alla tutela dell’ordine generale. Eppure le condizioni dell’Italia sono scritte tutti i giorni sui giornali e vissute sulla pelle dei cittadini: il Pil in caduta del 2,5% allungando una recessione vecchia già di 4 anni (la peggiore del dopoguerra); disoccupazione a due cifre, consumi in caduta e debito pubblico in salita. Una situazione così difficile meriterebbe una mobilitazione generale e un’assunzione complessiva di responsabilità. Esattamente quello che aveva pensato il Presidente Napolitano un anno fa promuovendo la nascita del governo Monti. La risposta del Pdl, dopo dodici mesi di infiniti mal di pancia, è stata ieri esattamente opposta. Ha privilegiato gli interessi di partito. Ma di quale? Quello di Berlusconi o quello di Alfano? Quello in cui si riconoscono gli ex colonnelli di An nettamente ostili a Monti o quello dell’ex ministro degli Esteri Frattini schierato senza se e senza ma a difesa del premier? Oppure i pasdaran alla Santanchè contro i tifosi della rinnovata alleanza con la Lega? Come si vede ce n’è per tutti i gusti: una gelateria nella quale ognuno può scegliere la combinazione preferita. La paralisi è sfociata nell’astensionismo. Sostanzialmente nella rinuncia ad appoggiare ancora il governo Monti. Napolitano è poi intervenuto saggiamente cercando di spegnere il fuoco. Ma non è dato sapere se ci riuscirà. Stamattina il Presidente incontrerà Alfano, che ieri ha annunciato ufficialmente l'addio alle primarie, dicendo che Berlusconi ha deciso di candidarsi contro Bersani.
Il ritiro della fiducia di ieri potrebbe significare la crisi e lo scioglimento anticipato delle Camere. Una forzatura per ottenere l’election day ed evitare una serie di sconfitte a ripetizione nell’arco di poche settimane che segnerebbero la distruzione di quel che resta del Popolo delle Libertà. Da qui il blitz contro il governo Monti: una mossa cinica o semplicemente una mossa sbagliata? Lo vedremo prestissimo. C’è da considerare, d’altronde, che una crisi aperta in questa maniera - per le reazioni degli elettori - potrebbe creare al Pdl danni peggiori di quel che si temono col proseguimento dell’appoggio al governo.

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