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La Sicilia in crisi, la Regione allo sbando

Al di là della retorica autonomista, utilizzata dal presidente della Regione quale bandiera ideologica per accusare il potere centrale, resta un quadro fatto di immobilismo e di spreco. Con la gestione distorta del denaro pubblico, in chiave clientelare ed elettoralistica, una intera classe dirigente locale e regionale ha organizzato consensi e preferenze

La crisi economica ha aggredito la Sicilia. Se qualcuno non se ne fosse accorto ci sono i dati della Banca d’Italia, ribaditi dagli studi della Cisl, certificati dagli uffici regionali che annunciano l’esaurimento dei fondi per la cassa integrazione. Sullo sfondo il pericolo più grave: l’impossibilità per Palazzo dei Normanni, entro la fine dell’anno, di poter pagare stipendi e pensioni dovendo fronteggiare un debito di cinque miliardi.
Poi ce la possiamo raccontare come vogliamo ma con i numeri è difficile litigare. Il Pil regionale calerà quest’anno di quasi il 3% e gli occupati del 2,2% cosicché a lavorare sarà poco più del 40% dei siciliani in età da lavoro. Una crisi che si somma ad un 2011 molto difficile. Il tasso di occupazione s´è attestato al 56,4% per gli uomini (-0,7%) e al 27,7% per le donne (-1%). I debiti delle famiglie sono aumentati del 3% e sono, ora, più alti della media nazionale.
Il gelo della crisi ha presentato il conto. Chi si illudeva che la Sicilia potesse uscirne indenne adesso deve fare i conti con la realtà. Al di là della retorica autonomista, utilizzata dal presidente della Regione quale bandiera ideologica per accusare il potere centrale, resta un quadro fatto di immobilismo e di spreco. I fondi europei utilizzati poco e male così come un tempo avveniva con la Cassa per il Mezzogiorno. Con la gestione distorta del denaro pubblico, in chiave clientelare ed elettoralistica, una intera classe dirigente locale e regionale ha organizzato consensi e preferenze. E, soprattutto, ha sperperato risorse destinate alla collettività. I risultati sono quelli certificati dalla Banca d’Italia: la disoccupazione è cresciuta al 19,5 % trascinando la Sicilia al fondo della classifica della disperazione. Solo la Campania ha un numero di disoccupati maggiore del nostro (19,6%). I giovani siciliani sono i più colpiti: solo il 20,9 % dei diplomati tra i 20 e i 24 anni è occupato e solamente la metà dei laureati tra i 25 e i 34 anni ha trovato un lavoro (il 49,3%). I siciliani in cerca di occupazione si sono ridotti del 3 per cento. In presenza di una diminuzione degli occupati il fenomeno è da ricollegare all'effetto scoraggiamento. Vuol dire che le persone stanche di bussare alle porte che restano invariabilmente chiuse hanno lasciato perdere. Le famiglie che vivono sotto la soglia di povertà reale sono il 27%, la percentuale più alta, in termini assoluti, del Mezzogiorno. In particolare, secondo la relazione della Banca d'Italia, dal 2007 al 2010 la spesa media mensile delle famiglie si è ridotta del 9%, raggiungendo il valore minimo dal 2002. La contrazione, superiore alla media italiana (-4 per cento), ha portato a un ampliamento del divario tra la Sicilia e il resto del Paese. A partire dal 2008 tutte le principali voci di spesa hanno registrato una diminuzione. Il calo è stato particolarmente intenso per i trasporti, l'abbigliamento, i ristoranti e gli alberghi.
Il quadro è quello di una economia che si va progressivamente desertificando. L’impresa privata umiliata e costretta a ritirarsi (come insegna il caso della Fiat di Termini Imerese). La Regione che, invece di mettersi al centro di politiche di sviluppo, è diventata un freno. Una casta attenta solo ai propri interessi. Da qui l’esplosione degli organici con la stabilizzazione dei precari, gli aumenti di stipendio ai propri dipendenti, la totale assenza di programmi e di progetti. Solo gestione clientelare attenta a garantirsi la sopravvivenza. Né si vedono pentimenti all’orizzonte. Basta vedere il balletto in corso all’Ars e nelle immediate vicinanze.
L’aula impegnata nella manovrina con l’unico scopo di riuscire a strappare ancora qualche boccone da quel che resta del bilancio regionale. Tutt’intorno i partiti che fanno il gioco dei quattro cantoni con le dimissioni di Lombardo e della sua giunta. Immagini desolanti. Prive anche della grandiosità e dell’eleganza dell’orchestra che suona sul Titanic vicino al naufragio o del gran ballo alla Corte di Vienna mentre, nel 1918, quel che resta del Sacro Romano Impero (la più grande istituzione politica della storia d’Europa) si avvia al disfacimento.
Qui, invece, si vede solo la corsa disperata di uomini intrappolati che cercano una via di fuga verso il futuro. Adesso si aspettano le elezioni e la nuova assemblea che uscirà dalle urne. Sarebbe auspicabile una campagna elettorale imperniata sui programmi anche se, francamente, siamo scettici. In ogni caso è di assoluta evidenza che la prossima legislatura dovrà avere natura costituente. Nelle casse non ci sono più soldi come certificato dal Ragioniere generale e non ce ne saranno più. Difficile che il futuro governo nazionale, qualunque esso sia, torni a privilegiare la Sicilia. La ricreazione è veramente finita. Difficile (oltre che ingiusto) che le tasse raccolte in Veneto vengano a finanziare i precari siciliani o la sanatoria che gonfia gli organici degli enti locali di fannulloni (come dimostra la protesta nei giorni scorsi del sindaco di San Biagio Platani).
Infine, i dati sulla tassa per l’immondizia sono tremendi. Testimoniano dell’assoluta inefficienza dei Comuni. La percentuale di evasione è altissima visto che si aggira fra il 70 e l’80% con punte del 99%. Insomma nessuno paga per il servizio di raccolta dei rifiuti e gli enti locali non sono capaci di farsi valere. Il festival dell’evasione mentre le aziende che lavorano nel settore vantano un miliardo di crediti. Chi pagherà? Deve essere chiaro che i pochi soldi che, da ora in avanti, arriveranno alla Sicilia dovranno essere dedicati alle imprese, allo sviluppo, alla crescita. Basta con l’assistenzialismo.
Non solo non serve a nulla ma è anche il mandante del deserto che sta diventando l’economia siciliana. I dati resi noti ieri hanno segnato la svolta. La Regione non è più in grado di sostenere nessuno. Nemmeno se stessa, se diamo credito all’allarme della Cisl sulle difficoltà di pagamento di stipendi e pensioni per la fine dell’anno.

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