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La cupidigia e la competizione truccata

Cupidigia non è una parola di moda. Come molti termini che riguardano la moralità del comportamento umano. Per esempio onore. Eppure il calciatore professionista Andrea Masiello per cupidigia ha perso l’onore. Cupidigia di ricchezza, desiderio sfrenato di soldi. Masiello guadagna almeno dieci volte più di un professore di scuola media. Una vita agiata. Una vita fortunata. Divertirsi a giocare a calcio e ricevere uno stipendio sufficiente a togliersi molti sfizi. Masiello ha 26 anni.


Oggi i giovani della sua età, nella maggior parte, non trovano lavoro o raccattano 500 euro al mese. Non possono mantenersi da soli. Il calcioscommesse è un capitolo del brutto romanzo della corruzione. Corruzione dell’anima, prima che da parte del denaro. Trecentomila euro per vendere una partita. Non una partita qualsiasi ma addirittura Bari-Lecce, ovvero uno dei derby più sentiti d’Italia. Dove tifosi baresi e leccesi s’insultano a vicenda due volte l’anno (andata e ritorno) con rabbia. E che oggi dovrebbero riflettere sul senso di questi comportamenti. Ovvero unirsi solidali, in quanti eguali vittime di infami trucchi. La partita per la quale volevano legnarsi a vicenda era taroccata. Alla vigilia di quel derby del 15 maggio 2011, i giocatori del Bari si erano allenati sotto la protezione della polizia dopo essere stati aggrediti dai loro tifosi. Con richiesta di capi ultrà di perdere due partite in modo che loro potessero scommettere sulla sconfitta.


Durante quel derby fasullo tifosi baresi avevano rotto il vetro divisorio fra curva Nord e tribuna Est per raggiungere il settore leccese. La partita era stata fermata a lungo per lanci di petardi. E Masiello infilava apposta nella sua rete un tiro del leccese Jeda destinato a finir fuori. Recitando in campo, le mani sui capelli, la sua falsa disperazione. «Non per soldi ma per denaro» era il titolo italiano di un ironico film di Billy Wilder del 1967 in cui Walter Matthau convince Jack Lemmon, operatore televisivo travolto in campo da un giocatore di rugby senza riportare alcun danno serio, a tentare di truffare l’assicurazione inventando malanni inesistenti. Sarebbe semplice dare la colpa al denaro. Ovvero l’uomo è buono, il denaro è il male che lo corrompe. Non è così. Pecunia non olet, il denaro non fa odore, non puzza, dicevano i latini sin dai tempi di una tassa sul fare pipì nei vespasiani. Il male non è nella ricchezza, naturalmente se è frutto del merito e ottenuta con onestà. Lo  sport moderno nasce in Inghilterra nella seconda metà dell’Ottocento e riflette il progetto della società come competizione tra eguali in cui la violenza sia ridotta al minimo. Il calcio inglese prima di queste regole era una competizione tra villaggi: vinceva chi portava il pallone dentro il paese avversario. Con tutti i mezzi.


La sfida lasciava tanti morti sul terreno. Le regole dello sport cambiarono tutto. Così nella società: si parte sulla stessa linea di partenza, i più bravi riceveranno i premi maggiori. Ma molti non ci stanno e cercano una scorciatoia. Nello sport è il doping, nel lavoro la raccomandazione, nel rapporto con la comunità è non pagare le tasse o, più banalmente, non rispettare la fila. In Italia il modello della competizione tra eguali è continuamente posto sotto assedio dal modello della furbizia che piega le regole agli interessi scorretti. Spesso illeciti. Che il mondo delle scommesse decida alcuni risultati del calcio amareggia e ci dice che lo sport (non tutto lo sport, s’intende) non è diverso da altri settori della società. Le inchieste giudiziarie, da Cremona a Bari, mostrano che il malaffare è diffuso e coinvolge calciatori e club. Il calcio, dalla federazione alle leghe, dai dirigenti ai giocatori, non ha saputo far pulizia dentro se stesso. S’intravede che le mele marce sono più di quelle scoperte oggi. Innescata dai terremoti giudiziari, si avvicina un’altra estate di sconvolgimenti di classifiche, di penalizzazioni, di squalifiche. Che le punizioni siano esemplari è il minimo. Ma resta la sensazione, anch’essa amara, che poi tutto possa tornare come prima.

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