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Legge elettorale, si restituisca agli italiani il potere di scegliere

La Corte Costituzionale ha fatto piazza pulita dei referendum proposti da Di Pietro e Parisi per la riforma della legge elettorale. Ha detto no all’abolizione del "Porcellum" (il sistema elettorale in vigore) e no anche alle proposte per le modifiche allo stesso "Porcellum". Nel primo caso s’è voluto evitare che si creasse un vuoto legislativo, nel secondo s’è giudicato di difficile ammissibilità soprattutto l’abolizione del premio di maggioranza. La palla torna al Parlamento e intanto ci sono le reazioni a questa decisione che in parte era stata anticipata nei giorni scorsi da alcune indiscrezioni.
Si registrano reazioni diverse. Antonio Di Pietro, che non è mai apparso un grande costituzionalista, non ingoia il rospo della sconfitta e vomita contro tutto e tutti. Sostiene che la Consulta non ha emesso un verdetto secondo giustizia, ma ha voluto compiacere il presidente Napolitano e senza ritegno parla di regime che avanza. Dal Colle la risposta è stata immediata e secca. Dal Quirinale è filtrata un’indiscrezione: «Quella di Di Pietro è una insinuazione volgare e del tutto gratuita che denota solo scorrettezza istituzionale». La reazione di Arturo Parisi è stata più soft: «Non sono sorpreso, continueremo la nostra battaglia per far pesare il milione e 200.000 firme che avevamo raccolte».
Il leader del Pd Bersani dice che da domani il suo partito sarà impegnato per portare a termine la riforma elettorale. Frattini del Pdl ribadisce: «Quello della Consulta è un messaggio che la politica deve raccogliere e sviluppare un accordo solido e trasparente per una nuova legge elettorale rispettosa del diritto dei cittadini di scegliere i propri rappresentanti».
Dunque, la parola torna al Parlamento e alle principali forze che vi siedono. La partita non è facile: ci sono forze che vogliono un ritorno al passato e alla frantumazione che caratterizzava la Prima Repubblica. Prevarranno queste forze?
Uno dei compiti che spetterà al legislatore, proprio per difendere l’interesse generale del Paese, sarà quello di salvare anche con la nuova legge elettorale il principio del bipolarismo pur restituendo agli elettori il potere di scegliere gli eletti. Non possiamo tornare agli anni in cui i voti si disperdevano creando una instabilità generale nella quale i governi duravano mediamente nove mesi.
Gli italiani si sono ormai abituati a scegliere col voto i loro governi e non li si può riportare al disordine istituzionale di qualche decennio fa.
Questo impegno dovrà costringere le forze politiche a quel confronto e a quel dialogo che il Capo dello Stato ha sempre, inutilmente, sollecitato. Sarà una prova generale che i partiti più rappresentati nelle Camere dovranno superare, anche perché questa sarà un’esperienza metodologica per affrontare altre riforme importanti per il Paese. Mario Monti, per quanto sostenuto e sorretto da un consenso trasversale, non potrà far tutto e probabilmente lo sa. Questa esperienza tecnica e politicamente singolare dovrà presto restituire poteri e capacità decisionali alle forze politiche e soprattutto al Parlamento. Politica e Parlamento dovranno dimostrare che la loro momentanea eclissi ha favorito riflessione e volontà di uscire dalla palude. La legge elettorale sarà un importante banco di prova per capire fino a che punto la politica è migliore della rappresentazione che molti ne danno. In questo momento possiamo soltanto sperare. Abbiamo già avuto molte delusioni.

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