«Sito di elevato interesse culturale-patrimonio italiano». Il cartello esposto da uno sconfortato cittadino su uno dei tanti cumuli di rifiuti che già segnano la città (e che mostriamo a pagina 19) dà la misura di quello che rischia Palermo in questo secondo scorcio d’estate. Sono bastati tre o quattro giorni di assemblee del personale Amia per riproporre scenari ai quali speravamo di aver definitivamente voltato le spalle. E invece stiamo ripiombando nel ciclonico occhio dell’emergenza. Urge che la politica e l’azienda affrontino subito i nodi da sciogliere. Occorre che il personale addetto alla raccolta sappia che rischio sta facendo correre alla città. Necessita che sui tempi di risoluzione non si transiga. L’alternativa è una Palermo che puzza. Una Palermo che rifila l’ennesimo oltraggio a se stessa.
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