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Comunali, test ampio e importante per i tre poli

Ieri pomeriggio Giulio Tremonti girava per i gazebo di Milano spiegando la norma che garantisce alle imprese che stanno all'estero e vogliono tornare a Milano un vantaggiosissimo sistema fiscale. Nei giorni scorsi il governo ha approvato una serie di norme interessanti, dal piano casa al credito d'imposta per la ricerca alle assunzioni agevolate nel Sud. Ma Silvio Berlusconi è andato sui giornali e in televisione dicendo che i pubblici ministeri di Milano sono il cancro del Paese. Non c'è dubbio che lui ha qualche legittimo motivo di rivalsa nei confronti di una Procura che da diciassette anni lo tratta come un delinquente abituale, ma non è su questo che stavolta si dovrebbe votare. Le urne ci diranno quale esito avrà la sua strategia soprattutto a Milano, città simbolo per l'imprenditore e poi per il politico Berlusconi. A quanto pare, tuttavia, il risultato principale del Cavaliere è aver mobilitato quelle fasce di elettori milanesi del Pd che se ne sarebbero rimasti a casa non riconoscendosi in Pisapia, rassegnati al secondo mandato Moratti, e che invece andranno a votare contro Berlusconi. Per vincere al primo turno la Moratti dovrà perciò compiere davvero un miracolo, visto che cinque anni fa aveva anche il sostegno dell'Udc e di quella parte di An che si riconosce nel Fli.
Soltanto ieri il Cavaliere ha lanciato il messaggio politico giusto, dicendo che un voto massiccio al PdL rafforzerebbe il governo dandogli la spinta finale per i due anni residui di campagna elettorale. Se Berlusconi riuscisse a portare a casa al primo turno i comuni di Milano e di Napoli sarebbe un trionfo. Ma potrebbe accontentarsi anche di vedere Gianni Lettieri andare al ballottaggio se il pd Mario Morcone dovesse cedere la poltrona di sfidante a Luigi De Magistris ("Votammo 'o poliziotto", dicono i suoi sostenitori antichi e recenti). In questo caso sarebbe Bersani a doversi preoccupare, come se a Bologna il candidato della Lega Manes Bernardini - che si muove con grande abilità - dovesse prendere troppi voti contro Virginio Merola, portato dal centrosinistra. Le variabili sono dunque infinite. Votano dodici milioni di elettori in 1300 comuni, undici dei quali con una popolazione superiore ai centomila abitanti. Oltre alle quattro grandi città (Milano, Torino, Bologna e Napoli) si vota in altri tre capoluoghi di regione (Reggio Calabria, Cagliari e Trieste) e in tanti centri significativi. (Latina, per esempio,è teatro di uno scontro furioso tra il centrodestra e il Fli guidato dallo scrittore fascio comunista Antonio Pennacchi). Il test è perciò molto ampio. Se i risultati saranno buoni e il PdL reggerà all'onda d'urto della Lega (che poterebbe aver conquistato negli ultimi giorni anche molti voti moderati), Berlusconi potrebbe ulteriormente rafforzare la consistenza della maggioranza, mentre Bersani dovrebbe fronteggiare la richiesta di verifica di Veltroni (oggi smentita, domani chissà). Non c'è più spazio per lunghe traversate nel deserto e per recuperi di lunga distanza. Sia il presidente del Consiglio che il segretario del Pd non hanno molto tempo davanti ed è stato Berlusconi a sfidare il destino alzando il livello dello scontro. C'è poi l'incognita del Terzo Polo. Fini suggerisce di aspettare le elezioni politiche per la conta. Ma è chiaro che alla prima uscita fuori della maggioranza il presidente della Camera avrà tutti gli occhi addosso. E lo stesso Casini, anche se in molti posti è alleato col PdL, ha i suoi bravi esami da sostenere. Chi avrebbe detto che elezioni che impegnano meno di un terzo dell'elettorato sarebbero state così importanti?

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