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Accordi Fiat, Fiom più morbida per un rilancio

Speravano di non doverci fare i conti. Immaginavano di mantenersi fuori nella complessa gestione delle relazioni sindacali ai tempi della globalizzazione. Volevano restare l'ultimo integro baluardo dei diritti dei lavoratori. Solo diritti, però. Mai doveri. Invece, anche in casa Fiom, la bomba della competizione mondiale è scoppiata in tutta la sua violenza.
I duri e puri del sindacato delle tute blu della Cgil hanno dovuto prendere atto degli 886 voti favorevoli e appena 111 contrari nel referendum alla ex Bertone. Il piano di Marchionne ha trionfato. Una vittoria schiacciante che restituisce alla proprietà il controllo della fabbrica. Non verranno pagati il primo giorno di malattia e tutte le assenze in circostanze particolari: per esempio a ridosso di una festività oppure in occasione di avvenimenti speciali come una partita della nazionale di calcio. Non sarà possibile scioperare contro questo accordo. In cambio i salari saliranno per effetto della liberalizzazione degli straordinari che non dovranno più essere concordati con il sindacato. Ora la Fiat farà partire l'investimento di 500 milioni per costruire il nuovo Suv a marchio Macerati. L'alternativa era la chiusura dello stabilimento. Il segretario nazionale Maurizio Landini parla di ricatto. Gli operai costretti ad accettare un contratto molto penalizzante pur di conservare lo stipendio. La Fiom aziendale, però, la pensa diversamente. Non a caso, disubbidendo agli ordini arrivati da Roma, ha firmato l'accordo. Come dargli torto, considerando che la nuova piattaforma è stata proposta a 1100 lavoratori da 6 anni in cassa integrazione. Colpa della globalizzazione. Ma anche del comitato centrale della Fiom che come arma di lotta ha utilizzato la magistratura. Ora i duri e puri del sindacato dovranno aprire un confronto interno che potrebbe portarli a modificare il loro integralismo. Forse una spinta a cambiare strategia. Magari provando il rilancio in chiave positiva anziché giocare sempre in difesa. Possibilmente sfidando i "padroni" sulla strada della crescita. Offrendo flessibilità. Chiedendo in cambio maggior salario. Non più variabile indipendente, secondo una tradizione cara alla sinistra sindacale e politica, ma frutto di efficienza e produttività. Sarebbe un fattore di sviluppo. Non l'unico ma comunque importante. Una mutazione genetica. Affinché il problema del costo del lavoro non divenga la premessa su cui tutta le volte aprire le trattative. Bensì il punto di arrivo di un processo condiviso per far lievitare la torta della ricchezza.

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