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Quelle telecamere accese sullo Zen

Il segno di una sfida presuntuosa allo Stato era in quelle telecamere di cui gli spacciatori e i loro burattinai conoscevano la presenza e se ne infischiavano. Ma stavolta la sfida l’hanno persa. Perché il segno della vittoria delle istituzioni contro gli adepti del malaffare sta anch’esso in quelle telecamere. Che sullo Zen si sono finalmente accese. E dallo Zen hanno contribuito a estirpare un vorticoso giro di spaccio, con 22 arresti. L’iconografia legata al più tormentato e tristemente noto dei quartieri palermitani si fa di giorno in giorno più ricca. C’è la scuola Falcone continuamente presa d’assalto dai vandali (e lì le telecamere ci sono ma restano spente...) e c’è l’assalto degli abusivi alle case, su cui gli inquirenti intravedono una regia mafiosa.
Ma ci sono anche gli avamposti di frontiera che le forze di campo delle istituzioni stanno installando nella borgata. Hanno iniziato i carabinieri, da ieri ci sono anche i vigili urbani. E c’è poi un quartiere che si ribella. Quello delle mamme che si stringono attorno alla scuola martoriata dai teppisti. E quello di chi ha deciso di voltare le spalle a capi e capetti di periferia. È eloquente quanto sottolinea a pagina 23 il generale Luzi, quando dice che questa vasta operazione antidroga non ha subito alcun intralcio: niente rivolte di parenti o amici, niente antiche ostilità manifeste contro le divise e il tintinnare delle manette. Anche questo è un segnale importante. La scommessa di uno Zen più sano e vivibile, su cui ha puntato il nostro giornale con le ripetute incursioni del suo camper, non è ancora vinta. Ma il solco è tracciato.

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