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Un quattordicenne da Treviso: che ne sarà di Lampedusa?

Lampedusa, un vivo ricordo nella mia testa; un ricordo lontano che risveglia in me sapori, odori, emozioni dormienti; le quali scatenano un’euforia generale dei sensi che rivisitano e ricreano accuratamente tutte le diverse sensazioni provate nella mia fanciullezza. C’erano visi, persone, animali con cui ricordo spensierati momenti, era la spensieratezza che vigeva nell’isola, non so cosa fosse a trasmetterla, non so se fosse il mare azzurro, l’odore di spezie che usciva dalle case al crepuscolo oppure i particolari pesci che vegliavano da anni in quelle acque dove tutto era più sano, più spensierato, più felice.
Pensando a Lampedusa nel mio cervello riemergono una moltitudine di ricordi, ho passato gran parte delle mie estati in quelle terra del meridione italiano, ho conosciuto persone a me care in quella terra, ho imparato, ho colto ogni singola situazione immagazzinandola dentro me, senza lasciarle via di fuga, era mio tutto quello che vedevo, sentivo, udivo; ero come una spugna. Imparai ad apprezzare il mare così come era, allo stato brado, azzurro,semplice, essenziale; senza la piaga umana intenta a modificare ed ad urbanizzare la selvaggia natura.
Ultimamente sento parlare continuamente della mia Lampedusa; si dice “Pericolo terrorismo”,”S.O.S Lampedusa”,”Emergenza clandestini” .
Sono sbarcati migliaia di migranti e ne è previsto l’arrivo di 80.000 secondo il ministro Maroni. Che ne sarà della mia isola? Il gioiello più brillante del mediterraneo sarà forse destinato a diventare un campo profughi?
Ma non si possono respingere queste persone le quali scappano da atrocità, disperazione e sofferenza; che vedono nell’isola la salvezza, il paradiso in un inferno da cui escono: terra di speranza, di fortuna, è l’accesso all’Italia, vista come l’apoteosi di libertà.
Brenno Damian, Treviso

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