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Federalismo municipale, rivoluzione per le imposte

Spesso ci sono due facce della stessa questione; se parliamo per esempio di federalismo c'è una faccia, nota ai più, che attiene agli equilibri politici, alla prosecuzione della legislatura e persino alla leadership. C'è poi un'altra faccia, sconosciuta ai più, che riguarda invece il merito della vicenda. Ora si dà il caso che il «federalismo municipale», che ieri ha ottenuto la fiducia alla Camera, è questione che investe il singolo cittadino, senza distinzioni ma che, per paradosso, sembra riservata soltanto agli addetti ai lavori.
Fino ad oggi i comuni hanno ricevuto ogni anno un certo ammontare di trasferimenti statali, con un meccanismo però penalizzante per il Sud, a causa del cosiddetto «criterio storico». In sostanza tanto hai speso lo scorso anno, tanto ti assegno quest'anno. Nel succedersi degli anni, però, gli efficienti comuni del centro nord hanno speso di più (oltre che meglio) e quindi hanno finito con l'assicurarsi maggiori trasferimenti da parte dello Stato. La «rivoluzione» del federalismo municipale sta proprio qui; scompare cioè la figura dello stato padrone che decide che cosa e quando dare, e si introducono modalità di assegnazione delle risorse pubbliche con criteri automatici, predefiniti ed in quanto tali trasparenti e non più iniqui.
Ma vediamo nello specifico di che cosa si tratta. Con una doverosa premessa. Prima il governo Prodi e poi quello Berlusconi hanno lavorato per abolire l'Ici sulle prime case. Lungi dall'essere una forma di attenzione per un bene primario qual è la casa, come molti lo intendono, il provvedimento «bipartisan» dell'eliminazione dell'Ici ha sottratto ai comuni la fonte principale di entrate, senza che altresì sia maturata alcuna iniziativa per ridurre le spese. Conclusione: la paralisi quasi totale delle attività comunali. Con il federalismo municipale si cambia marcia.
In una prima fase, 2011-2014, i comuni continuano ad incassare il gettito dei tributi legati agli immobili così come accade oggi. Dal 2015 scatta invece una seconda fase, con l'introduzione dell'Imu, l'imposta municipale unica che escluderà comunque la prima casa. Detto così sembra il gioco delle tre carte. In realtà c'è molto di più. L'Imu infatti sostituirà e quindi assorbirà, per la componente immobiliare, l'imposta sul reddito delle persone fisiche e le relative addizionali, l'imposta di registro, l'imposta ipotecaria, l'imposta catastale, l'imposta di bollo, l'imposta sulle successioni e donazioni, le tasse ipotecarie, i tributi speciali catastali e l'imposta comunale sugli immobili; e continuerà a non essere applicata all'abitazione principale. In aggiunta a queste risorse, e qui sta l'altra grande novità, viene poi garantita ai comuni una compartecipazione al gettito dell'Iva nel territorio, pari a circa il 2%. Infine i comuni beneficeranno di una compartecipazione al maggiore gettito fiscale per la cui emersione si impegneranno direttamente; come dire che i comuni, profondi conoscitori dei territori che amministrano, diventano soggetti attivi della lotta all'evasione fiscale, vera piaga del Bel Paese, ed incasseranno per sempre il 50% del gettito delle imposte che concorrono a fare emergere.
Resta infine la questione della cedolare secca sugli affitti. Nell'ambito del federalismo municipale, i proprietari di case in affitto potranno pagare una imposta secca intorno al 20% sui fitti pagati dagli inquilini ed essere esentati dalle imposte progressive. Non sappiamo se tutto questo sopravvivrà alle brume delle elezioni anticipate. In ogni caso abbiamo voluto offrire una sintesi delle principali misure del federalismo municipale. Il Lettore potrà poi valutare se sia preferibile confrontarsi e dibattere nel merito di queste misure o magari impallarsi sugli ultimi gossip del caso Ruby!

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