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Un torneo sempre più milanese

Il presidente della Lega, Maurizio Beretta, non lo sa, perché nella sua brillante carriera giornalistica s'è dedicato ad altro: ieri ci ha regalato una sana domenica di sano calcio d'antan, risvegliando non solo nostalgie mai sopite bensì provocando un festival di gol non solo numerosi ma di grande qualità tecnica e sostanziale. Ogni partita una storia, a partire dal sempre equivoco appuntamento di mezzodì che potrebbe costare a Ranieri guai senza fine; e dunque quante storie promettenti un campionato sempre più brillante: e invece passeremo il turno in archivio sotto la voce «illusioni» perché dalla prossima settimana torneremo all'indigesto spezzatino fornito dagli affaristi del calcio.
Una domenica straordinaria - dicevo - anche perché governata dalla parte più sana e vera del calcio, ovvero i pedatori, straricchi e viziati fin che vi pare e tuttavia capaci - loro, solo loro - di darci grandi emozioni. Come l'elegante fulmineo Acquafresca, riesploso proprio nelle ore in cui tutte le grandi (meno il Napoli) chiedono bomber al mercato; come Giovinco, che non riesce a far vincere il suo Parma, com'era successo a Torino, ma conferma una crescita continua e felice, magari non di statura fisica ma di qualità sostanziale; o come Di Vaio, l'uomo che non comunica a parole ma a suon di gol; per non dire - e invece dico - di quel fenomeno di Totò Di Natale, i cui palloni volano come farfalle nelle reti delle vispeterese del campionato, accendendo feste e sogni. Ho tenuto a parte i due miei eroi della domenica, Cassano e Cambiasso, perché all'improvviso, con la caduta delle romane, il torneo è sempre più milanese. Fossi stato Allegri, Cassano lo avrei mandato in campo prima, quando s'era visto subito che l'Udinese aveva intenzioni serie dal punto di vista offensivo ma una difesa traballante: mi dicono che l'inserimento di Votantonio va effettuato a gradi, ma son balle, perché se il Milan ha avuto il coraggio di portarsi a casa un problema è perché sa di poterlo risolvere, e un Cassano panchinaro resta un problema, un Cassano sul campo fa una vittoria (a Cagliari) e un salvataggio miracoloso (ieri a San Siro) schiodando Ibra dalla sua abituale indifferenza: «Con Antonio mi trovo bene». E ti credo.
Più eroe di tutti - perdonate l'enfasi suggerita dagli abbracci similerotici fra Leonardo e i suoi ragazzi - è Esteban Cambiasso, l'uomo che fra River Plate, Real Madrid e Inter è riuscito a vincere più di Alfredo Di Stefano, l'argentino che ha dominato per decenni la scena nazionale ed è ancora - non solo per me - il più grande giocatore della storia, superiore a Maradona e Pelè.
Cambiasso è il vero leader dell'Inter, più decisivo di Zanetti ch'è figurina deamicisiana; Cambiasso è stato il più fedele pretoriano di Mourinho, lo è diventato di Leonardo (regalandogli sei punti in due partite) e non credo d'esser maligno se dico che non ha offerto il suo cuore a Benitez. Naturalmente gran merito del successo dell'Inter, che oggi mi sento di ritrovare presto in gara per lo scudetto, va a questo incredibile signor Leonardo che - parola di Cordoba cuordipietra - «nello spogliatoio ci ha convinto che dovevamo vincere, e abbiamo vinto». HH, Mou, Leo: continua la stirpe dei maghi nerazzurri?

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