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Quella allucinante e becera violenza

Ci sono due istantanee che più di ogni altra rappresentano la giornata di allucinante e becera violenza che ieri ha decretato la sconfitta di un diritto riconosciuto dalla Costituzione, cioè la manifestazione di un dissenso. La prima è rappresentata da quel gruppo di 14 oscuri figuri che - volti ricoperti da caschi, kefie e passamontagna - si sono schierati in fila orizzontale qualche passo avanti al corteo, a guidarne il cammino per le vie del centro di Palermo.
La seconda è invece rappresentata da quel gioco di prospettiva in cui un anonimo nei panni mascherati della Morte, con tanto di falce in mano, copre a malapena gli scontri fra facinorosi (facinorosi, sì) e forze dell’ordine davanti alla sede della presidenza della Regione. E se quei 14 apparivano inquietante avanguardia machista di quanto di lì a poco sarebbe successo, la Morte - per fortuna - è rimasta solo una pagliacciata. E sottolineiamo «per fortuna». Perchè fra lanci di sassi, fumogeni, petardi, bottiglie, cariche, manganellate, cassonetti incendiati, ammucchiate, risse e scontri a tutto spiano, la tragedia è rimasta sempre lì a un passo.
Eccola, dunque, la protesta contro la riforma Gelmini. O almeno ecco come qualcuno ha voluto farla diventare. Una volgare gazzarra, un assalto ai palazzi delle istituzioni (compreso un simbolo della lotta alla mafia come la Questura, come ha tenuto a sottolineare il ministro Maroni), un pretesto per riversare sulle piazze frustrazioni e repressioni. Condannate da tutti, da chi vede in quella riforma una svolta contro vecchie logiche più o meno baronali (termine che va tanto di moda in questo periodo) e chi invece l’avversa paventando tagli e futuro nebuloso. Palermo (e Milano) ieri come Roma una settimana fa: c’era una volta la protesta della scuola, oggi c’è l’esibizionismo della teppaglia. O la prova di muscoli di chi ieri incendiava cassonetti, mentre altri studenti - quelli che ci credevano, quelli che erano scesi in piazza per manifestare quel dissenso che la Costituzione garantisce - cercavano di rimettere tutto a posto. E per questo hanno preso le botte pure loro. Gli arresti preventivi proposti nei giorni scorsi da Gasparri restano inopportuni. Ma non certo per merito di chi le guerriglie le studia a tavolino, nascondendosi dietro la buona fede di migliaia di ragazzi. Strumentalizzati e manipolati da quelli con i caschi, i passamontagna e le molotov negli zainetti. Con i genitori spaventati a casa. O magari bloccati negli ingorghi provocati dai cortei. Anzi no, dalla volgare violenza. Che all’«allegra e fantasiosa protesta» - come qualcuno l’aveva definita nei giorni della sua genesi - ormai non ci crede più nessuno.

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