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Mafia del Sud e mafia del nord, dibattito inutile

Rischia di diventare un dibattito sull'acqua calda quello dell'espansione delle mafie dal Sud al Nord dell'Italia. Il fenomeno si è realizzato da diversi decenni e non ha molto senso mostrare stupori e presunzioni di scoperta. La polemica poi sugli ultimi amministratori delle aree infiltrate non ha alcun senso. Tutto era già accaduto.
Senza voler rifare, ad esempio, la storia della mafia siciliana basterà ricordare che nel dopoguerra operarono Luky Luciano da Napoli, Frank tre dita nell'area di Roma e Gioe Adonis nell'area milanese. Pare che Luciano comprasse direttamente morfina ed eroina dalle fabbriche farmaceutiche del Nord Italia. Sempre sfogliando la storia della mafia, si scopre che Cosa nostra vietò i sequestri di persona in Sicilia, ma mandò Luciano Liggio a gestire la stagione dei ricatti nell'Italia Settentrionale.
E a Milano operò il pericoloso Gerlando Alberti, detto «u Paccarè». Quanti fascicoli esistono su mafiosi immigrati negli uffici delle questure settentrionali? È evidente che la questione diventa banale.
In questo contesto diventa ridicolo il negazionismo di tante realtà del Nord e del Nord-Est. Mentre l'espansione mafiosa si spostava a Nord, sono stati infiltrati anche Paesi stranieri come la Germania, Cecoslovacchia, Ungheria, Bulgaria eccetera eccetera.
Non ha senso vantare verginità inesistenti, l'espansione del crimine organizzato segue le sue regole e passa di volta in volta nelle aree economicamente più promettenti.
La reazione di certe aree italiane, che negano l'esistenza e l'ampiezza dell'infezione, ricordano per certi versi, certe vecchie negazioni siciliane.
Non bisogna dimenticare che la crescita del traffico di stupefacenti ha messo nella disponibilità delle cosche somme rilevanti. Di qui l'acquisto di centri turistici, fabbriche, complessi immobiliari formalmente puliti.
Sia chiaro, questo processo non è stato soltanto di Cosa nostra, ha interessato camorra e 'ndrangheta, che hanno colonizzato aree del Montenegro e della stessa Spagna.
Non si dimentichi che la 'ndrangheta australiana ha destinato alla coltivazione della cannabis (marjuana) migliaia e migliaia di ettari di terreno.
Se vogliamo parlare con chiarezza - e il Giornale di Sicilia lo sostiene da tempo - la mafia è un fenomeno nazionale, una questione nazionale, ed ha innegabilmente proiezioni internazionali.
È da questi punti che bisogna partire per impostare una lotta concentrica ed efficace al crimine organizzato.
Non esistono realtà civili e antropologiche capaci di resistere all'infiltrazione, all'intimidazione, alla corruzione che sono gli strumenti abituali della penetrazione mafiosa. Occorrono inquirenti e forze dell'ordine forgiate - per fortuna ne abbiamo - di modo che sia possibile colpire sia la struttura militare delle mafie, sia l'alone dei fiancheggiatori, sia la dislocazione delle ricchezze illecitamente conseguite.
Il dibattito sul prima e sul dopo in questo momento è assolutamente inutile, fa parte della strumentalizzazione del fenomeno mafioso che negli ultimi cinquant'anni non è mai mancata.

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