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Crisi di Governo? La parola passi ai cittadini

La corazzata del governo, dalle strutture ardite e vigorose, naviga in un mare opaco sul cui orizzonte non si intravedono segnali di sorta. La corazzata ha tante piccole falle, destinate ad allargarsi e ad aumentare nei prossimi giorni, ma i suoi nemici non osano, non vogliono, non desiderano sganciare il siluro fatale. Non possono, non sanno. E allora la nave di Roma scivola nel buio, il suo destino è legato a parole non mantenute e a promesse mancate. Gianfranco Fini si ritiene il grande pirata di quest’inseguimento periglioso, ma non ha il coraggio di sferrare il colpo finale perché non sa quali conseguenze scaturiranno dal suo ammutinamento.



Il punto è questo: se il governo di Silvio Berlusconi dovesse affondare, ci sarebbero elezioni pure e semplici – come l’evoluzione materiale della Costituzione richiederebbe - oppure ci sarebbe un pasticcio tale da non consentire al capo dello Stato di assegnare un incarico? Questo è il problema. Il parlamento italiano non può ritornare su vecchi giochi, e nel dubbio Fini al momento punta esclusivamente al logoramento, all’agonia di un esecutivo che riesca soltanto a rantolare.
Questo non è un disegno politico, è un progetto di usura protratta che gli stessi novelli e sconosciuti alleati del presidente della Camera dovrebbero respingere. A cominciare dall’Udc, formazione che si proclama frontista ma non fessa. In verità, la maggioranza alternativa di cui tanti favoleggiano non c’è e lo stesso Gianfranco Fini sente di non poterne farne parte.



E allora, per il momento nessun siluro risolutore, basta la politica del piccolo sabotaggio perché la corazzata del governo imbarchi acqua e proceda a velocità ridotta. D’altra parte con le ultime indicazioni della Costituzione materiale a chi il capo dello Stato dovrebbe affidare un compito istituzionale pieno e vincolante? La situazione è troppo fluida e confusa. Se la corazzata governativa affondasse, la parola spetterebbe a noi naufraghi cittadini italiani, chiamati a dire quali siano stati i responsabili di questo sfascio.
Gli italiani sanno che la crisi incombe, che la ripresa è debole e lenta e in queste condizioni non possono sfidare l’avventura. Gli italiani sono molto più attenti dei politici che vorrebbero giocare sulla loro pelle, fanno i conti ogni mese con le buste paga micragnose, regolano il dare e l’avere con le compagne e i figli. Oggi non è possibile imbrogliarli, non è possibile fargli credere che un semplice ribaltone potrebbe essere in grado di portare nelle loro case felicità e benessere.



Siamo un Paese antico, che ha visto la tassa sul macinato e quella sulla salute, non possiamo essere snervati dalla politica navale che ci tormenta.
Abbiamo il diritto di dire la nostra, se l’attuale governo non ha i numeri e il nerbo per controllare la situazione, passi pure la mano, ma a noi cittadini. Non a un gruppo di politicanti che in questo momento sembrano non comprendere le difficoltà dell’Italia, preferendosi dedicare ai bisogni delle loro titolate botteghe. Sia chiaro, non saranno fatti sconti, né ai profittatori, né agli avventuristi. La crisi non perdona nessuno. 

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