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Berlusconi e gli oppositori, un Paese a due velocità

Ormai si marcia su due velocità e su due binari: ci sono rotaie sulle quali il governo istituzionale scivola proclamando la sua forza e la sua volontà di arrivare fino alla stazione della fine legislatura. Ma c'è un altro binario su cui arrancano i rancorosi, gli oppositori inermi, i finiani spavaldi.
«Berlusconi se ne deve andare»: proclama Fini, ma come dove e quando consegnare all'attuale presidenza del Consiglio il foglio di via?
Ieri i dirigenti della Lega sono andati ad Arcore e non hanno rinnovato la richiesta di elezioni anticipate, hanno piuttosto sollecitato che l'attuale governo vada avanti, garantendo il massimo dell'appoggio e della solidarietà.
Sull'altro binario viaggia un diverso treno fatto di ambizioni mancate, di velleità incomplete, di contrasti non sopiti.
Questo non significa che la vita istituzionale del Paese sia tranquilla. Il treno di sinistra non ha grandi prospettive di percorrenza, ma il treno di destra ha l'incognita di un Fini pronto a tutto. Il semplice fatto di aver annunziato lo sfratto a Berlusconi in un pubblico comizio e non nella sede istituzionale dimostra ormai che certi meccanismi di correttezza si sono rotti. E comunque, come farà Fini a dare il benservito al leader che lo ha portato alla terza carica dello Stato?
Si servirà probabilmente di un'intervista sotto la quale compaiano le memorie piccanti di una escort. Tutto si tiene in questo tempo d'incertezza e di fantasia.
Ad ogni modo il popolo di centro destra probabilmente è stanco di questo altalenante equilibrio che ricorda troppo i governi e i non governi della Prima Repubblica.
Gli italiani avvertono i pericoli della crisi e la validità dell'azione del governo, Ma non possono sobbalzare ad ogni edizione del telegiornale. Si aspettano fatti, interventi, azioni mirate. Si aspettano forse anche le elezioni, perché se questa farsa deve continuare ci sia almeno il popolo sovrano che la cancelli e la riscriva su basi più serie.
Dicevamo prima che ci sono due treni sui binari del Paese, ma forse se ne è aggiunto un altro che ha il suo peso e la sua capacità di trascinamento. Il presidente della Conferenza episcopale italiana, monsignor Angelo Bagnasco ha chiesto di «convocare al più presto ad uno stesso tavolo di governo, forze politiche, sindacati e parti sociali per approntare un piano emergenziale sull'occupazione».
Nella situazione attuale ciò equivale di fatto a una richiesta di elezioni generali, perché nel Paese sembrano smarriti principi e procedure.
Certo il ceto politico può sottrarsi a questo invito, ma deve dimostrare una compattezza e un senso dell'interesse nazionale che in questa momento non si intravvedono.
I partiti sono il sale della politica, ad essi guardano oggi i cittadini, sbigottiti da liti che non comprendono e da questioni di lana caprina che non vorrebbero affrontare.

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