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Milan e Roma allo sbando

L’unico che può protestare contro questa insolita domenica calcistica per lui assolutamente indigesta (e all'ora di pranzo, guarda un po’) è Maurizio Zamparini: perché il suo Palermo ha dato quasi l'impressione di essere in sciopero, a Brescia, mostrando una certa sufficienza davanti a un avversario più in palla (con più «gamba» dicono i nuovi stilisti). Il patron rosanero ce l'ha su più di tutti con i pedatori che minacciano di scioperare, e lo capisco soprattutto dopo la battutaccia d'arresto del Rigamonti in occasione della quale mi parevano non disposti alla resa Balzaretti e Pastore. Ma proprio facendo il nome del bravo argentino mi vien da dirgli di non generalizzare e, soprattutto, di non drammatizzare la minaccia del sindacato: perché se per molti versi i ragazzacci stanno esagerando con le loro richieste, altrettanto vero che il calcio alla fine lo salveranno loro, non i dirigenti dissennati che si sono venduti il calcio, trasformandolo in uno spezzatino avvelenato. Ieri, insomma, se la prima domenica con pranzo assortito non è finita in vacca lo si deve ai calciatori che hanno nobilitato le poche partite sopravvissute al Sabato Grasso.
Già archiviate Inter, Roma e Milan, solo Juve e Sampdoria avevano i numeri tecnici necessari per reggere il dopopranzo. E ci sono riuscite con una partita più brillante che sconclusionata al punto di indurmi a riconoscere - una volta tanto - più la gloria dei goleador che la pena dei difensori. Mi sono accorto che rivedendo le azioni principali del match si era automaticamente portati a sorridere, il che non capita spesso con il calcio nostrano.
E va dato atto a Cassano di essere il primo, assoluto, vero provocatore di sorrisi con le sue invenzioni estemporanee quanto euclidee. Perché del calcio, a lui, nulla è ignoto: tanto il genio quanto la regola. Piuttosto, attenti a non invocare la sua totale conversione da pazzariello a saggio (prossimo) padre di famiglia: quelli come Cassano fantasisti nascono e fantasisti devono restare, con l'ispirazione un po’ folle, con i colpi di vita e di scena. Guai a mortificarne l'istinto che indirizza più i piedi che il capo.
Bene così: la Juve della Premiata Ditta Marotta & Delneri promette di crescere a sua volta all'insegna della fantasia, dell'improvvisazione, forse del dubbio; ma ben venga l'avventura - si spera emozionante - in un calcio che va propagandando progetti che somigliano ai famigerati Piani Quinquennali dell'Unione Sovietica. Mai realizzati. A proposito di Progetti, va davvero naufragando quello della Fiorentina, peraltro sconfitta da un Lecce coraggioso che ha vivacemente partecipato alla domenica del «ci siamo solo noi».
Una domenica salvata dai calciatori, non dai presidenti, forse neppure dagli allenatori. Ai quali dedico un (cattivo) pensiero sollecitato dal Sabato Nero: dico naturalmente di Allegri e Ranieri, rappresentanti generazioni diverse di tecnici cui mestiere e fortuna hanno assegnato ruoli importanti in squadre importanti. Vorrei dirgli - scherzando - che il Milan di Cesena e la Roma di Cagliari mi son parsi un'offesa al buon senso, al calcio naturalmente, e agli appassionati dei due popolari club. I loro giocatori, mi consentano, han dato l'impressione di essere senza guida né idee. La tessera per entrare allo stadio qualche volta, invece di imporla ai tifosi, dovrebbero darla agli addetti ai lavori.

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