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Lezioni per sopravvivere alla crisi

Avevamo bisogno di una o più lezioni su come sopravvivere alla crisi. Anche se sono in molti - uomini di governo, guru dell'economia, studiosi di varie discipline - a ripeterci che la crisi più grave sta ormai alle nostre spalle. Sarà. Ma, in realtà, l'avvenire non ci appare così radioso. Ora però un grande esperto di economia, Jacques Attali (è stato anche consigliere di Mitterand e presidente della Banca europea) ha scritto un libro per elargirci non una, ma addirittura sette lezioni di vita (Sopravvivere alle crisi, Fazi editore). Le sette regole per sopravvivere alle difficoltà economiche? Eccole,in estrema sintesi: 1) rispetto di sé, cioè voler vivere e non soltanto sopravvivere; 2) intensità, cioè proiettarsi sul lungo termine; 3) empatia, in ogni crisi mettersi al posto degli altri; 4) resistenza, cioè pensare a creare piani alternativi; 5) creatività, cioè se la crisi diventa irreversibile, imparare a trasformarla in un'opportunità; 6) ubiquità, cioè prepararsi a cambiare radicalmente e imparare a essere mobili; 7) pensiero rivoluzionario, ossia osare il tutto per tutto. In altre parole, osserva l'autore, prima o poi questa crisi sarà superata, come è avvenuto per le precedenti, lasciando una scia di innumerevoli vittime, ma anche qualche vincitore. Ciascuno di noi può anche uscirne meglio di quanto immaginato se si riescono ad adottare efficaci strategie di sopravvivenza personali.
Un giovane laureato in economia che ora lavora nel campo delle risorse umane, Riccardo Caserini, ha scritto un libro (Mollo tutto e parto!, Vallardi) per dare una risposta a tutti coloro che sognano di fuggire, di mollare tutto, infischiandosene della crisi. Questo autore spiega come sia possibile organizzarsi, in che modo lasciare il lavoro e soprattutto come ritornare e non «finire sotto i ponti». In sostanza la «pausa dal lavoro» può rivelarsi una grande occasione per incrementare la propria formazione che può «fare curriculum». Del resto, l'idea del periodo sabbatico ha radici molto antiche. Ad esempio, nella tradizione ebraica, era il tempo in cui si mettevano a riposo i campi, si cancellavano i debiti e si liberavano gli schiavi. Non si trattava di una semplice pausa dal lavoro ma di un ritorno alla vita dello spirito per recuperare energie e ricominciare un nuovo ciclo. Caserini, che si è preso oltre un anno di sabbatico (per girare il mondo e visitare i luoghi da sempre sognati) racconta perché la «grande pausa» sia rigeneratrice e utile. Ma siamo proprio sicuri che tutti possono fare questa scelta? E, ovviamente, nel libro non si fa alcun cenno alle leggi (rigide) dell'economia e della produzione, che difficilmente consentono la pause, soprattutto se dovessero diventare molto diffuse.
C'è però il saggio di un esperto che si sofferma sul lavoro precario, cioè su quel lavoro che spesso obbliga alle «pause». Enzo Mattina, ex dirigente sindacale, ex parlamentare, ex europarlamentare (e ora vice presidente del gruppo Quanta), ha scritto Elogio della precarietà (Rubbettino). Nel libro si cerca di confutare quel luogo comune, frutto di strumentalizzazioni ideologiche, secondo cui il lavoro nero sarebbe meglio del precariato. Mattina, giustamente, osserva che «il lavoro precario è visibile, quantificabile in maniera certa, scomponibile nelle sue innumerevoli sfaccettature, ma non ha fondamento la demonizzazione che se ne fa e soprattutto non ha senso la campagna della paura che lo addita come l'agente disgregatore di vite individuali». Siamo assolutamente d'accordo con questa analisi. Del resto, il lavoro flessibile, voluto da Gino Giugni, da Tiziano Treu e da Marco Biagi, si prefigge una tutela contrattuale: una tutela che non è in alcun modo prevista per il lavoro nero, che evade contributi previdenziali e assistenziali, oltre che il fisco. Un saggio di grande interesse su tutte le forme di lavoro temporaneo, che aiuta a sciogliere ogni dubbio politico e tecnico, rifuggendo da ogni demagogia.
Infine, un piccolo saggio di Gianfranco Viesti (docente di economia all'Università di Bari) ripropone la questione del lavoro nel Mezzogiorno (Più lavoro, più talenti, Donzelli). È un libro-denuncia nei confronti delle inadempienze del governo per il sud, ma anche nei confronti dell'opposizione di centro sinistra, «che non sembra avere una strategia alternativa». Alcuni giudizi sono politicamente troppo ideologici e poco condividibili. Ma siamo d'accordo che la cancellazione della questione meridionale rappresenti la cartina di tornasole dell'incapacità della politica italiana di pensare al futuro del paese, di valorizzare il lavoro e i talenti di tanti giovani e di tante donne che sono fuori dal mercato del lavoro. Mancano però nel saggio proposte per una diversa politica economica e indicazioni sugli strumenti più idonei per raggiungere questa finalità.

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