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Governo tecnico? I tre ostacoli che lo rendono complicato

«Wishful thinking» è una intraducibile espressione inglese che, grosso modo, sta per «ritenere fattibile una cosa che si desidera». Ebbene, ho l'impressione che tutti gli esponenti dell'opposizione che, con varie sfumature, reclamano un governo tecnico, di transizione o - meglio ancora - "di responsabilità" che abbracci tutta l'opposizione, dal neonato Fli a Casini a Bersani e a Di Pietro - siano vittime proprio di questa distorsione del pensiero. Arrivare a una tale soluzione, che per molti avrebbe solo lo scopo di modificare (con i voti di chi?) la legge elettorale in modo da facilitare una vittoria della sinistra, comporta infatti un percorso talmente irto di ostacoli da renderlo assolutamente impraticabile; e siccome chi la propone non è né sciocco né ingenuo, è ragionevole sospettare che sia in malafede.

1) Il primo ostacolo è, naturalmente, Berlusconi. Anche se i leader del centro-sinistra fanno a gara nel darlo per bollito, finito, sull'orlo del collasso, sanno benissimo che questo non è vero. Non solo ha ancora la concreta possibilità di recuperare una parte dei finiani e di rimettere insieme la maggioranza assoluta che, nella votazione su Caliendo, gli è venuta meno, ma se anche andasse in minoranza ha in mano gli strumenti per assicurarsi che si vada alle elezioni alle sue condizioni, con l'attuale legge elettorale. Sia lui, sia Bossi, hanno opposto un fermissimo no ai governi di transizione, e al Senato hanno i voti per bloccare qualsiasi nuovo esecutivo che, in caso di crisi, si cercasse di promuovere.

2) Dato e non concesso che, in seguito a un per ora del tutto improbabile passaggio del gruppo finiano all'opposizione, a questa crisi si arrivi, il presidente della Repubblica dovrebbe, prima di sciogliere le Camere, procedere a un giro di consultazioni. Per quanto egli sia notoriamente contrario a nuove elezioni, avrebbe molta difficoltà - da uomo rispettoso della Costituzione quale è - ad avallare quello che sarebbe un vero e proprio ribaltone, un governo diverso da quello scelto dagli elettori, una ammucchiata resa possibile soltanto dal salto della quaglia di una quarantina di parlamentari del centro-destra e dall'odio per il premier. Ma anche se lo facesse, non tarderebbe a costatare che nell'opposizione ci sono posizioni diversissime sulle modalità dell'operazione. Si va da un Di Pietro che, dopo avere sostenuto fino a ieri la tesi delle elezioni immediate è disposto ad accettare solo un governo a termine (90 giorni!) al Pd Fioroni che vorrebbe un governo "di responsabilità" che prima di sciogliersi risolvesse, nientepopodimeno, i problemi della povertà delle famiglie e della disoccupazione giovanile. Altro dilemma: a chi affidare il compito. I politici più avveduti suggeriscono di designare come nuovo presidente del Consiglio un uomo del centro-destra, nella speranza di attirare così i voti di altri dissidenti. La Bindi ha accennato a Pisanu, Bersani addirittura a Tremonti, senza neppure domandarsi chi glielo farebbe fare, al ministro dell'Economia, di uscire dal Pdl in cui oggi è quasi il delfino per buttarsi in un'avventura del genere. Qualcuno potrebbe pensare a Montezemolo, che ieri è venuto allo scoperto con pesanti critiche al premier, ma quali sono le sue possibilità di mettere d'accordo tutti?

3) Ma supponiamo, per pura ipotesi di scuola, che Napolitano prenda per buona la possibilità di questo esecutivo provvisorio, che la disperata voglia di liquidare Berlusconi faccia trovare alle (a questo punto quattro) opposizioni un'apparenza di unità e che si arrivi ad affidare a un'on. X il compito di formare un governo. Pensano davvero, i vari Casini, Bersani & Co. di potersi accordare su un programma e di riuscire poi a governare? L'esperienza di Prodi dovrebbe pure avere insegnato loro qualcosa, e la nuova coalizione sarebbe ancora più eterogenea di quella del professore. Perciò, se vogliono essere credibili, i leader dell'opposizione dovrebbero smetterla di prospettare una soluzione che oltre a essere impossibile, è anche immorale, perché in una democrazia non si può impunemente costituire un governo con forze che le urne hanno bocciato. Se non sono pronti per le elezioni evitino, nell'interesse del Paese, di giocare allo sfascio, lascino che Berlusconi vada avanti finché i numeri glielo consentono; poi, subito, a primavera o fra tre anni, le urne decideranno.

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