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Maggioranza con due leader, strada difficile

La sfiducia al sottosegretario Caliendo era solo la prima occasione utile. «La questione è politica» (Casini, Udc). «È il pretesto per un attacco al governo» (Reguzzoni, Lega Nord). Hanno ragione entrambi. La cronaca impone una contabilità spicciola sulle astensioni: perché sono state dieci meno del previsto? I quattro finiani assenti ingiustificati hanno dato un segnale?
Ma è inutile guardare il dito se c'è la luna che aspetta. E la luna è la stabilità di un governo che da ieri formalmente - e seppure per una questione simbolica - è senza maggioranza alla Camera. Sarà possibile andare avanti con due dei leader della stessa coalizione, anche se non più dello stesso partito, che non si degnano di uno sguardo come ieri pomeriggio hanno fatto Fini e Berlusconi? Con deputati di quella che fu Alleanza Nazionale che vengono alle mani?
Umberto Bossi, dopo la votazione, ha detto che il governo reggerà, ma che la Lega farebbe il pieno in eventuali elezioni anticipate. Sul secondo punto ha ragione. Ma sul primo? Silvio Berlusconi fa campagne acquisti da sedici anni. Cominciò alla fine del '94 con la Lega di Umberto Bossi, lo ha fatto più recentemente con gli uomini di Prodi, poi di Casini e adesso con quelli di Fini. È piccolo cabotaggio, con qualche possibilità di riuscita se si rafforzasse il rischio di elezioni e molti seggi dovessero traballare. È tattica, non può essere strategia. Berlusconi ha rotto con Fini perché il logoramento era arrivato a livello di guardia. Quel che non ha accettato ieri a carissimo prezzo non può accettarlo domani.
«Fuori del perimetro del programma ci sarà confronto aperto senza pregiudizi e ostilità», ha detto ieri in aula Della Vedova parlando a nome dei finiani. Che vuol dire? A fine settembre andrà in discussione il «processo breve» che serve a parare la probabile incostituzionalità del «legittimo impedimento». Il «processo breve» non fa parte in senso stretto del programma di governo, ma Berlusconi può sostenere che rientra in una visione garantista della giustizia finora accettata dall'intera maggioranza. Fini ha condiviso dal '94 all'altro ieri la tesi che con le «leggi ad personam» si rispondeva a «processi ad personam» e d'altra parte è strano che tutte le leggi che interessano Berlusconi siano incostituzionali, a cominciare dal primo Lodo Maccanico-Schifani sul quale Ciampi si era coperto le spalle con illustrissimi pareri favorevoli.
Fini ha cambiato idea? Sarà il «processo breve» lo sparo di Sarajevo? Ha ragione Franceschini quando prende a modello alcuni governi conservatori stranieri. Ma indichi uno solo di quei paesi in cui la magistratura abbia condizionato la politica come in Italia. In caso di crisi, Casini ha lasciato intendere soluzioni alternative alle elezioni. Tutto è possibile, ma - a torto o a ragione - ci sarebbe un clima da stato d'assedio. A meno che non si voli più in alto: una grande coalizione estesa anche ai venticinque popolari che si dice seguirebbero Beppe Fioroni nel distacco dal Pd. Per ora è fantascienza. Berlusconi potrebbe starci, Bossi faticherebbe assai.

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