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La fase di transizione della politica italiana

Qualcuno nell’opposizione sperava che il voto di sfiducia per il sottosegretario Caliendo, in programma per oggi a Montecitorio, si trasformasse in una specie di resa dei conti finale tra Berlusconi e Fini, con la prospettiva di una fuoruscita definitiva del gruppo del presidente della Camera dalla maggioranza. Invece, avremo soltanto una prova generale di terzo polo, che per ora non minaccia la stabilità dell’esecutivo, ma che in prospettiva potrebbe risultare egualmente pericoloso. Bisognerà vedere quale seguito Fini, Casini e Rutelli, i tre leader che hanno deciso di accordarsi per l’occasione su una (per ora relativamente innocua) astensione intendono dare a questa loro prima convergenza, e che possibilità hanno di collaborare anche in futuro senza compromettere la propria identità.
Il più interessato al successo dell’operazione è senza dubbio Casini, che vede quasi inopinatamente avvicinarsi il suo obiettivo della nascita di un Grande centro, capace di condizionare la scena politica italiana nei prossimi anni. Infatti il suo alter ego, Lorenzo Cesa, pur negando che siamo già in presenza di un nuovo soggetto politico, ha annunciato che «si vuole trovare una convergenza che potrebbe diventare un dato rilevante e una grande novità». Insomma, se non è zuppa è pan bagnato. Mentre Rutelli, con i suoi sei deputati, sembra formulare un auspicio analogo, sul fronte finiano si registra maggiore cautela. Per il nuovo Fli il rifugio nell’astensione è stata una scelta quasi obbligata, se voleva evitare una prima spaccatura tra falchi e colombe che sarebbe stata di pessimo auspicio per il futuro, ma la prospettiva di un sodalizio stabile con Casini e Rutelli, membri dell’opposizione, è in contrasto con il reiterato impegno di continuare a sostenere il governo. Su questo punto, perciò, emergono i primi contrasti.
Bocchino osserva spiritosamente che, in un regime bipolare, formare un centro sarebbe come giocare a tennis stando a cavallo della rete, Della Vedova ribadisce la lealtà del Fli al mandato elettorale (cioè, limitatamente alle iniziative legislative previste dal programma del Pdl), Briguglio si spinge più in là, non solo assicurando con aria di sfida che i finiani cresceranno e si radicheranno nel Paese, ma che dipenderà solo dal premier se essi saranno «amici o nemici». Il presidente della Camera, come è ovvio, per il momento tace, ed è difficile indovinare quale di queste posizioni condivide.
Se dunque il voto di oggi non rappresenta verosimilmente una minaccia immediata per il governo, sia Berlusconi sia la Lega sono ben consci che il futuro è pieno di incognite, perché l’ordalia con Fini potrebbe essere solo rimandata. Perciò, ribadiscono entrambi con fermezza che non tollereranno né ribaltoni nè governi tecnici, e che al primo incidente (leggi tradimento dei finiani) si dovrà andare a nuove elezioni. La Lega rileva anche che il Fli, pur astenendosi, finirà con il votare con una parte dell'opposizione. Poiché il ricorso alle urne in autunno non è nell'interesse di nessuno (salvo, forse, di Di Pietro), la minaccia potrebbe avere, almeno sul breve periodo, una certa efficacia.
Pur di evitare le elezioni anticipate, Bersani sembra addirittura disponibile ad appoggiare un molto ipotetico governo Tremonti. Ma se e quando il Fli, come dice Briguglio, avrà avuto il tempo di strutturarsi, potrebbe anche non risultare sufficiente a garantire la sua fedeltà al governo, specie se questo presenterà riforme controverse come quelle della giustizia su cui Fini ha certamente idee diverse da quelle del premier.
Siamo dunque in una fase di transizione, in cui gli stessi protagonisti non sono sicuri di ciò che potrà avvenire alla ripresa settembrina. Per ora, pochi scommettono su una crisi e anche i mercati sembrano di questo parere, visto che i tassi d'interesse italiani non si sono scostati da quelli tedeschi. Ma è anche difficile credere al «molto rumore per nulla», cioè che Fini, che molti sospettano di volere fare l'uomo di punta per una galassia di forze economiche ostili a Berlusconi, abbia fatto tutto ciò che ha fatto solo per un puntiglio personale.

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