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La questione delle Province da abolire

All'inizio aveva destato interesse, poi stupore e comunque speranza. Improvvisamente una doccia fredda, diventata un giallo. Ma anche questa metamorfosi è durata meno di 48 ore perché nel decreto sulla manovra le nove piccole province, che dovevano essere cancellate, hanno tirato un respiro di sollievo: la loro condanna a morte era stata rinviata sine die. Nel frattempo la legislatura avrà termine e se ne riparlerà alla prossima. In teoria il 14 giugno il parlamento dovrebbe cominciare a discutere su come procedere alla riduzione del numero degli enti intermedi, nell'ambito della riforma del Codice delle autonomie, che si sta discutendo da mesi alla Commissione Affari costituzionali della Camera. Ma sono in pochi a credere che qualcosa di positivo verrà fuori sul fronte della riduzione del numero delle Province. È bastato uno stop della Lega Nord, che era preoccupata per la sopravvivenza delle "sue" istituzioni,per mandare tutto a monte.  Il progetto è dunque, ancora una volta,rinviato alle calende greche. Anche perché né da parte del Pdl, né da parte del Pd e dell'Idv vi sono state proteste per un provvedimento annunciato ma mai presentato ufficialmente. I più ottimisti (come Donato Bruno, presidente della Commissione Affari costituzionali della camera) sostengono che un segnale si dovrà dare e che l'idea di cominciare a tagliare le province con meno di 220 mila abitanti sia la strada giusta. L'opinione pubblica, a giudicare dai sondaggi, ha accusato una profonda delusione dopo l'annuncio e la successiva marcia indietro. Del resto, Berlusconi, Tremonti, Sacconi e Brunetta condividono, sia pure con sfumature diverse, la scelta di cominciare a "tagliare" province, come quelle di Vercelli, Biella, Fermo, Ascoli Piceno, Massa Carrara, Rieti, Matera, Isernia, Crotone e Vibo Valentia.





Sarebbe stato questo un primo passo verso la eliminazione complessiva di 110 costose (e inutili) istituzioni. Un'occasione irripetibile anche per una riforma complessiva del sistema delle autonomie. Ad esempio, non sarebbe il caso di aggregare una parte degli 8.028 comuni italiani, cominciando con quelli al di sotto dei 10 mila abitanti? Superando anacronistici (e costosissimi) campanilismi si dovrebbe immaginare anche la cancellazione di centinaia di enti territoriali (a cominciare dalle comunità montane), che assorbono ogni anno diversi miliardi di euro l'anno. Ma si riuscirà, dopo questa manovra, a farne un'altra proiettata sulla riforma della Carta amministrativa, che tenga conto anche della necessaria ristrutturazione delle regioni? Sono interrogativi importanti che attendono da tempo una adeguata risposta dalle forze politiche, di maggioranza e di opposizione,senza ulteriori rinvii.

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