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Inceneritori, un investimento necessario

Come era facilmente intuibile, l'intervento del presidente del Consiglio, a favore degli impianti per la termovalorizzazione dei rifiuti in Sicilia, ha suscitato una ridda di reazioni politiche. Non sempre tuttavia risulta agevole per l'opinione pubblica cogliere le problematiche sottese. La questione dello smaltimento dei rifiuti è purtroppo cronaca quotidiana, ma le anomalie hanno motivazioni diverse. Se Palermo, ad esempio, soffre un grave disagio per le note traversie dell'azienda per l'igiene ambientale, per altro verso esiste un problema generale di smaltimento dei rifiuti in Sicilia. La storia è nota. Il Governo ed il Parlamento hanno escluso la costruzione dei termovalorizzatori ed hanno affidato la soluzione del problema rifiuti alla raccolta differenziata ed alle discariche tradizionali. La Sicilia, con i suoi cinque milioni di abitanti, produce ogni anno due milioni e mezzo di tonnellate di rifiuti. Una quantità gigantesca che impone soluzioni proporzionate. L'idea di riciclare tutti i rifiuti è seducente, ma certo irrealistica. Intanto esiste un problema di adattamento della popolazione; in secondo luogo non sempre il riciclo dei rifiuti è economicamente sostenibile. Non a caso il centro-nord del Paese ha impiegato sei anni per passare da una quota di differenziata del 20,3% ad una del 33,2%, mentre la Sicilia è passata dall'1,9% al 6,6% e la media nazionale si attesta al 25%. Né è un caso che il centro-nord conferisce in discarica 250 chili all'anno di rifiuti per abitante, mentre la Sicilia sfiora i 500 chili. Ora, piacerebbe a tutti trasformare i rifiuti in materie prime e quindi sempre in oggetti riutilizzabili. Ma se questo è economicamente sostenibile con l'alluminio, i materiali ferrosi, la carta, il cartone ed alcune plastiche, il riciclo della restante parte sarebbe antieconomico.


La soluzione termovalorizzatore - un impianto che brucia la parte dei rifiuti non riciclabile, producendo energia elettrica - è stata all'inizio osteggiata per un presunto rischio di inquinamento. Tali posizioni si sono via via sgretolate alla luce della esperienza fatta in altri Paesi ed in altre regioni italiane, dove spesso questi impianti sono allocati nel pieno centro delle città; emblematico è il caso di Vienna o di Brescia. La questione si è allora spostata alla dimensione degli impianti ed al rischio di infiltrazioni mafiose. Ma la dimensione degli impianti si determina secondo i bisogni. E le infiltrazioni malavitose non sono intrinseche ai termovalorizzatori, sono un rischio concreto che va affrontato e risolto ogni volta che si spende un euro pubblico, sia per una fognatura, come per una scuola ma direi, a ben vedere, anche per una discarica. Insomma procedure limpide e controlli efficaci dovrebbero essere la stella polare degli appalti pubblici; sempre e comunque. Sarebbe bene, allora, iniziare a chiamare le cose con il proprio nome. Si vogliono realizzare siti per lo smaltimento dei rifiuti a basso impatto ambientale? Bene; si risponda allora alla seguente domanda: inquina di più un termovalorizzatore o una discarica? Ed ancora. Si può rinunciare ai termovalorizzatori e puntare tutto sulla differenziata? Dove è stata possibile una soluzione del genere? E se anche raggiungessimo in Sicilia percentuali di differenziata del 40 o del 50%, che faremmo del resto? Dilazionare nel tempo una risposta a queste domande, accresce in maniera più che proporzionale il rischio della saturazione delle discariche e magari, chi lo sa, ci potrebbe imporre la "urgente" necessità di doverne fare altre. Chissà se avremmo il tempo, allora, di tutelarci dalle infiltrazioni mafiose. Questo giornale chiede per la Sicilia quanto in altre aree d'Italia e d'Europa è prassi. Senza infingimenti, nella chiarezza e non celandosi dietro mezze verità. Come diceva Jim Morrison, ci sono il noto e l'ignoto, ma in mezzo ci sono le porte. Non tutto si può riciclare, molti rifiuti vanno comunque eliminati

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